Con ordinanza n. 36176 del 28 dicembre 2023, la prima sezione
civile della Corte di Cassazione ha affermato che per giurisprudenza ormai
consolidata (Cass. civ. n. 5492/2018; Cass. civ. n. 20664/2017; Cass. civ. n.
18171/2013), l'amministrazione di sostegno può pronunciarsi, nell'interesse del
beneficiario (interesse reale e concreto, inerente alla persona e/o al suo
patrimonio), anche in presenza dei presupposti di interdizione e inabilitazione,
e dunque anche con riguardo alla prodigalità.
La prodigalità è stata definita come un comportamento
abituale caratterizzato da larghezza nello spendere, nel regalare o nel
rischiare in maniera eccessiva ed esorbitante rispetto alle proprie condizioni
socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro che
configura autonoma causa di inabilitazione, ai sensi dell'art. 415, comma 2,
c.c., indipendentemente da una sua derivazione da specifica malattia o comunque
infermità, e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi,
espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili
(ad esempio, frivolezza, vanità, ostentazione del lusso, disprezzo per coloro
che lavorano, o a dispetto dei vincoli di solidarietà familiare) (Cass. civ. n.
786/2017).
In questi sensi è stato ravvisato il presupposto per
l’apertura dell’amministrazione di sostegno nel caso di una persona dedita in
maniera continua al gioco, che destini ad esso tutti i suoi averi, contraendo
anche plurimi prestiti per alimentare questa pregiudizievole inclinazione
(Cass. civ. 5492/2018); diversamente, sono stati ritenuti insussistenti gli
estremi della prodigalità nella condotta di un soggetto che, con la
redistribuzione della propria ricchezza a persone a lui vicine, anche se non
parenti, intendeva dare una risposta positiva e costruttiva al naufragio della
propria famiglia (Cass. civ. n. 786/2017).
Anche la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, di recente, ha
avuto modo di esaminare la disciplina italiana dell’amministrazione di sostegno
proprio per un caso di prodigalità [Sentenza Corte europea diritti dell'uomo
Sez. I, Sent. (ud. 27/06/2023) 06/07/2023 - ricorso n. 46412/21].
La Corte EDU (in particolare, v. par. 84-92) ha ricordato che
la decisione di sottoporre una persona ad una misura di protezione giuridica
può costituire un'ingerenza nella vita privata di tale persona ai sensi
dell’art. 8, par.1, della CEDU, anche quando quest'ultima è stata privata solo
in parte della sua capacità giuridica, ed ha rammentato che una lesione del
diritto di una persona al rispetto della sua vita privata viola l'articolo 8 se
non è “prevista dalla legge”, se non persegue uno o più scopi legittimi ai
sensi del paragrafo 2, o se non è “necessaria in una società democratica”, nel
senso che non è proporzionata agli scopi perseguiti.
Quindi, passando ad esaminare il caso concreto, riguardante una persona sottoposta al regime di amministrazione di sostegno previsto dagli articoli 404 e 411 c.c. per prodigalità e, da una certa epoca in poi, anche per un indebolimento delle condizioni psicofisiche e mentali, la Corte EDU ha dichiarato di considerare che «l'ingerenza perseguisse lo “scopo legittimo”, ai sensi del secondo paragrafo dell'articolo 8, della protezione del secondo ricorrente contro, in un primo tempo, il rischio di indigenza e, a partire dal 2020, un indebolimento di ordine fisico e mentale.», e ciò anche se la decisione di sottoporre la persona all'amministrazione di sostegno, privandola in parte, se del caso, della sua capacità giuridica, non era basata su una constatazione di un’alterazione delle sue facoltà mentali attestata da medici, ma su una eccessiva prodigalità che poteva porlo a rischio di indigenza, e sull'indebolimento fisico e psichico da lui dimostrato a partire dal 2020. Di seguito, la Corte EDU ha precisato che vi è necessità di perimetrare la concreta misura da applicare in termini di proporzionalità perché «privare una persona della sua capacità giuridica, anche in parte, è una misura molto grave che dovrebbe essere riservata a circostanze eccezionali. Tuttavia, deve essere lasciato inevitabilmente un margine di apprezzamento alle autorità nazionali che, a causa del loro contatto diretto e continuo con le forze vive del loro paese, si trovano in linea di principio in una posizione migliore rispetto a una giurisdizione internazionale per valutare i bisogni e le condizioni locali.
Questo margine varierà in funzione della natura del diritto della Convenzione che è in causa, della sua importanza per la persona e della natura delle attività limitate, così come della natura dello scopo perseguito dalle restrizioni. Il margine tenderà a essere più ristretto quando il diritto in gioco è fondamentale per il godimento effettivo da parte della persona di diritti intimi o essenziali» e ,nel caso specifico, ha concluso che, anche se l'ingerenza perseguiva lo scopo legittimo di proteggere il benessere, in senso ampio, dell’amministrato, essa (consistita nel ricovero in RSA con restrizioni per quanto concerneva i suoi contatti con i parenti e nella circostanza che tutte le decisioni che lo riguardano erano state prese dall'amministratore di sostegno) non era tuttavia, in riferimento alla gamma delle misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata né adeguata alla sua situazione individuale e l’ingerenza non era rimasta entro i limiti del margine di apprezzamento di cui le autorità giudiziarie beneficiavano nel caso di specie (par.108).
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