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«E-trafficking» e prevedibilità della condanna: la Corte EDU sulla digitalizzazione della tratta di esseri umani

Autore: Isabella Tokos
Data: 12 Dicembre 2023

Con sentenza del 12 dicembre 2023, relativa alla causa Jasuitis e Šimaitis c. Lituania, la seconda sezione della Corte EDU si è soffermata sul tema della tratta di esseri umani [in violazione dell’art. 4 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali («CEDU»)] realizzata con l’ausilio del cyberspazio, nonché, nell’ambito dei reati di cui all’art. 4, sul principio «Nullum crimen sine lege» espresso dall’art. 7 della Convenzione.

L’art. 3, lett. a) del Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale («Protocollo di Palermo») definisce la tratta di persone come «il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi».

L’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine («UNODC») ribadisce che, affinché possa essere accertato il reato di tratta nei confronti delle vittime adulte (v. Combating Trafficking in Persons: A Handbook for Parliamentarians, marzo 2009, n. 16-2009, pp. 13-14), è necessaria una combinazione dei tre elementi costitutivi: 1) un’azione - ciò che viene compiuto (reclutamento, trasporto ecc.); 2) i mezzi impiegati - come viene compiuto (minaccia, inganno ecc.); 3) uno scopo di sfruttamento - il motivo per cui viene compiuto (ad esempio lo «sfruttamento sessuale», inteso dall’UNODC come l'ottenimento di vantaggi finanziari o di altro tipo attraverso il coinvolgimento di un'altra persona nella prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, compresi atti pornografici o produzione di materiale pornografico).

Inoltre, ai sensi dell’art. 3, lett. b) del Protocollo di Palermo, qualora venga utilizzato uno dei mezzi di cui all’art. 3, lett. a), risulta irrilevante il consenso della vittima allo sfruttamento: i meccanismi coercitivi possono dunque subentrare anche a seguito di un reclutamento iniziale volontario.

I principi generali riguardanti la tratta di esseri umani, nel contesto dell’art. 4 della Convenzione, compresi gli obblighi positivi degli Stati ai sensi di tale disposizione, sono stati riassunti nel caso S.M. c. Croazia, n. 193/2020, 25 giugno 2020, §§ 276-320.

Per quanto concerne, più approfonditamente, il fenomeno della digitalizzazione della tratta di esseri umani a seguito dell’avvento di nuove tecnologie informatiche, la Corte rammenta come «alcuni trafficanti hanno adattato il loro modus operandi al cyberspazio integrando la tecnologia e sfruttando le piattaforme digitali per pubblicizzare, reclutare e sfruttare le vittime» mediante offerte di lavoro ingannevoli. Le vittime «vengono reclutate attraverso i social media, e i trafficanti sfruttano le informazioni personali disponibili al pubblico e l’anonimato degli spazi online per contattare le vittime. […] webcam e live streaming hanno creato nuove forme di sfruttamento e ridotto la necessità di trasporto e trasferimento delle vittime» (v. Capitolo 5 “Traffickers use of the Internet; digital hunting fields” del Rapporto globale UNODC 2020 sulla tratta di persone). L’abuso della posizione di vulnerabilità della vittima – qualsiasi disagio (fisico, psicologico, emotivo, familiare, sociale ed economico) per cui un essere umano è indotto ad accettare di essere sfruttato – diventa un elemento particolarmente rilevante per la configurazione del reato.

Secondo l’art. 7 della Convenzione, il reato e la pena devono essere chiaramente definiti dalla legge e mai per interpretazione analogica, a tutela del principio di prevedibilità della condanna.

Al riguardo, tuttavia, la Corte rileva come, per quanto chiara possa essere una disposizione giuridica, esiste un inevitabile elemento di interpretazione giurisdizionale che risponde al bisogno di chiarire i punti dubbi e di adattare le norme alle mutevoli circostanze. La questione se una situazione particolare coinvolga tutti gli elementi costitutivi necessari per la configurazione della “tratta di esseri umani” (azione, mezzi e finalità) è una questione fattuale che deve essere esaminata alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso in questione. E, sebbene le normative nazionali menzionino espressamente, tra i tre elementi costitutivi, alcune finalità specifiche quali ad esempio, nel caso di specie, la schiavitù o condizioni assimilabili alla schiavitù, questa sembra essere solo una delle numerose forme alternative di sfruttamento (accanto alla prostituzione, allo sfruttamento per pornografia o ad altre forme di sfruttamento sessuale). Sarebbe troppo restrittivo, pertanto, interpretare la configurazione del reato di “tratta di persone” in modo tale che la schiavitù o condizioni assimilabili alla schiavitù ne costituiscano un indispensabile elemento costitutivo e che un’eventuale sua assenza comporti un’automatica violazione dell’art. 7 della Convenzione.

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