Con ordinanza
n. 26820 del 19 settembre 2023, la prima sezione civile della Corte di
Cassazione ha affrontato la questione del contrasto tra genitori, entrambi
esercenti la responsabilità genitoriale, su una questione di particolare
importanza che investe la persona del figlio minore, quale indubbiamente è
quella che richiama la scelta delle modalità di svolgimento del percorso
scolastico di questi.
Rammentando che, ai sensi dell’art. 315-bis, comma 1, c.c. “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”, va osservato che la norma di riferimento e governo della relativa fattispecie concreta è quella dettata, dall'art. 337, comma 3, c.c. (che, tra gli altri, richiama anche le materie dell'"istruzione e dell'educazione" dei minori) per cui - nell'ipotesi di contrasto insorto tra i genitori su questione di “particolare importanza” per la persona del minore – “la decisione è rimessa al giudice”, con disposizione applicabile anche ai figli nati fuori dal matrimonio ai sensi dell’art. 337-bis c.c.. Il giudice quindi, come soggetto super partes, è chiamato espressamente, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non siano stati in grado di comporre i propri dissidi ideologico-culturali e le correlate convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative.
La decisione non resta arbitraria ma deve essere assunta secondo un criterio stabilito dalla legge, quello dell'esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto, nel caso concreto in esame. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha affermato in maniera granitica che, in materia di scelte riguardo ai figli, il criterio guida informante delle decisioni sia – non possa non essere – quello del preminente interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata (cfr., tra le altre pronunce, Cass. civ. n. 1196/2005; Cass. civ. n. 25310/2020; Cass. civ. n. 21553/2021; Cass. civ. n. 6802/2023).
Proprio dando corso e attuazione a detto principio, la Suprema Corte ha stabilito che, «in caso di conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l'adozione di provvedimenti, relativi all'educazione religiosa, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, ove la loro esplicazione determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per il figlio, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo» (così Cass. civ. n. 21916/2019; sempre in tema di educazione religiosa, già Cass. n. 24683/2013). La scelta del giudice, quindi, deve essere indirizzata non facendo prevalere le personali convinzioni sull’ interesse morale e materiale del minore, che va individuato considerando, innanzi tutto, l’età e le esigenze di sviluppo evolutivo affettivo, psico/fisico e formativo normalmente ad essa connesse, le capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, le esigenze specifiche dovute ad eventuali documentate circostanze fattuali individualizzanti proprie del bambino, il contesto familiare e sociale e quanto altro il giudice ritenga utile valorizzare motivatamente tra gli elementi relativi al minore acquisiti nella fase istruttoria.
In un caso, come quello di specie, di iscrizione ad una scuola primaria e dell’infanzia – che costituisce il primo approdo alla scolarizzazione e a una più ampia socializzazione del minore e che ha visto contrapporre un istituto privato ad un istituto pubblico collocati anche in zone urbane diverse – vi è, dunque, la necessità – da parte del giudice di merito – di verificare non solo la potenziale offerta formativa, la adeguatezza edilizia delle strutture scolastiche e l’assolvimento dell’onere di spesa da parte del genitore che propugna quella onerosa, ma, innanzi tutto, la rispondenza di ciò al concreto interesse del minore, in considerazione dell’età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell’istituto scolastico rispetto all’abitazione del bambino, considerata la mancanza di mobilità autonoma di questi, posto che una distanza della scuola dall’abitazione, significativa per il minore, potrebbe indurre conseguenze confliggenti con il suo interesse morale e materiale, rispetto alle quali l’assolvimento dell’esborso economico da parte del padre non può costituire l’elemento dirimente. Ciò, esemplificativamente, sia in ordine alla possibilità del minore di avviare e/o incrementare rapporti sociali ed amicali di frequentazione extrascolastica con i compagni e di creare una propria sfera sociale, funzionale alla crescita psico/fisica ed alla maturazione richieste dall’età evolutiva, posto che tutti i potenziali amici necessiterebbero, comunque, della disponibilità di familiari o di addetti adulti per l’accompagnamento e gli spostamenti, sia in ragione della congruità dei tempi di percorrenza e dei mezzi da utilizzare per l’accesso alla scuola ed il rientro all’abitazione, rispetto all’età ed alle esigenze fisiologiche del minore.
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