Con ordinanza
n. 2406 del 25 gennaio 2024, la seconda sezione civile della Corte di
Cassazione ha affermato che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (formatosi già con riguardo a fattispecie cui non era applicabile ratione
temporis la disciplina normativa poi introdotta dalla L. n. 220 del 2012,
mediante gli artt. 1117-bis c.c. e 67, comma 3 e 4, disp. att. c.c.), il
cosiddetto supercondominio viene in essere "ipso iure et facto", ove
il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più
condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto.
I beni ed i servizi che sono comuni non soltanto ad un singolo edificio, ma all’intero complesso immobiliare composto da più condomìni, devono essere gestiti attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l'assemblea di tutti i proprietari, l’assemblea dei rappresentanti ex art. 67, comma 3, disp. att. c.c. (per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condomìni e per la nomina dell’amministratore) e dall’amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato (Cass. civ. n. 1366 del 2023; Cass. civ. n. 40857 del 2021; Cass. civ. n. 2279 del 2019; Cass. civ. n. 19558 del 2013; Cass. civ. n. 5172 del 2001). Alle assemblee del supercondominio partecipano, dunque, tutti i condòmini, o i loro rappresentanti nelle materie di cui al citato art. 67, comma 3, c.c. e le maggioranze per la costituzione del collegio e per la validità delle deliberazioni, le quali sono immediatamente obbligatorie per gli stessi condòmini, si calcolano in relazione al numero degli aventi diritto ed al valore dell’intero complesso di unità immobiliari, edifici o condomìni aventi quella o quelle parti comuni in discussione, avendo riguardo sotto il profilo dell’elemento personale al numero dei contitolari (da convocare personalmente o tramite il rappresentante designato) e sotto il profilo reale al valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare (ove si tratti di assemblea dei proprietari) o al valore proporzionale di ciascun condominio (ove si tratti di assemblea dei rappresentanti, nella vigenza dell’art. 67, comma 3, c.c.). In sostanza, “le disposizioni dettate dall'art. 1136 c.c., in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari” (in tal senso, Cass. civ. n. 4340 del 2013). Proprio al fine di semplificazione dei rapporti gestori (per agevolare, cioè, lo svolgimento delle rispettive assemblee, ovvero l’individuazione della composizione del collegio e delle maggioranze, nonché per ripartire le spese), nei casi, appunto, in cui più edifici o condomìni abbiano parti comuni, ai sensi degli artt. 1117 e 1117-bis c.c., la sentenza n. 19939 del 2012 della Suprema Corte (poi seguita da Cass. civ. n. 32237 del 2019) affermò così che “laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali: a) La prima riguarda i millesimi supercondominiali, e stabilisce la spartizione della spesa non tra i singoli condomini, ma tra gli edifici che costituiscono il complesso. (…) La seconda tabella è quella normale interna ad ogni edificio”. Tale “tabella millesimale del supercondominio” va approvata dall’assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., ove abbia funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge; viceversa, se si intenda derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare la "diversa convenzione", di cui all'art. 1123, comma 1, c.c., occorre il consenso contrattuale unanime dei condomini. Non è altrimenti configurabile una formazione o revisione delle tabelle millesimali per "facta concludentia" (Cass. n. 5258 del 2023; n. 30305 del 2022; n. 26042 del 2019). La regola in tema di impugnazione della deliberazione dell’assemblea condominiale è che l'onere di provare il vizio di contrarietà alla legge o al regolamento di condominio, da cui deriva l'invalidità della stessa, grava sul condomino che la impugna (Cass. civ. n. 28262 del 2023; Cass. civ. n. 3295 del 2023). Quando l’impugnazione di una delibera dell'assemblea condominiale sia fondata, come nel caso in esame, sulla deduzione di vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea o alla adozione con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge, la tabella millesimale assume un rilievo dirimente soltanto quando i condomini, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita sul punto ad una convenzione di valore negoziale, la quale si risolve in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo. Ove invece la tabella millesimale approvata dall’assemblea abbia inteso unicamente determinare quantitativamente la portata dei rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio sulla base dei criteri legali, l’invalidità di una delibera per difetto dei quorum prescinde dalla necessaria verifica del rispetto delle indicazioni tabellari. Ciò appunto perché, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, ma rivela un valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un’eventuale convenzione) (arg. da Cass. civ., sez. un., n. 18477 del 2010). Il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste, dunque, prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi, la cui esistenza ed il cui rispetto non costituiscono, perciò, requisito di validità delle delibere assembleari, essendo consentito sempre di valutare anche "a posteriori" in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell'assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona lo svolgimento dell'assemblea e, in genere, la gestione del condominio (così da ultimo Cass. civ. n. 3295 del 2023, ma già, ad esempio, Cass. civ. n. 17115 del 2011; Cass. civ. n. 3264 del 2005; Cass. civ. n. 1 e n. 298 del 1977; Cass. civ. n. 1664 del 1974). Se poi il condomino voglia lamentare che le tabelle millesimali in uso sono erronee, deve agire per la revisione delle stesse a norma dell’art. 69 disp. att. c.c., fermo restando che, secondo l'orientamento delle Suprema Corte, la portata non retroattiva della pronuncia di revisione giudiziale non comporta l'invalidità di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore (Cass. civ. n. n. 2635 del 2021; n. 6735 del 2020; n. 4844 del 2017; Sez. Unite n. 16794 del 2007).
Al termine, la Suprema Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto: alle assemblee del supercondominio partecipano tutti i condòmini, o i loro rappresentanti nelle materie di cui all’art. 67, comma 3, disp. att. c.c., e le maggioranze per la costituzione del collegio e per la validità delle deliberazioni, le quali sono immediatamente obbligatorie per gli stessi condòmini, si calcolano in relazione al numero degli aventi diritto ed al valore dell’intero complesso di unità immobiliari, edifici o condomìni aventi quella o quelle parti comuni in discussione, avendo riguardo sotto il profilo dell’elemento personale al numero dei contitolari (da convocare personalmente o tramite il rappresentante designato) e sotto il profilo reale al valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare (ove si tratti di assemblea dei proprietari) o al valore proporzionale di ciascun condominio (ove si tratti di assemblea dei rappresentanti, nella vigenza dell’art. 67, comma 3). Per agevolare lo svolgimento delle assemblee dei condomini e dei rappresentanti di supercondominio e per ripartire le spese, i valori proporzionali di ciascuna unità immobiliare e di ciascun condominio devono essere espressi in millesimi in apposita tabella, da approvare dall’assemblea dei condomini con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., purché abbia funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, o altrimenti all’unanimità ove si intenda derogare a tali valori e criteri, non essendo comunque configurabile una formazione della tabella millesimale per "facta concludentia". Il condomino che impugni una deliberazione dell'assemblea di supercondominio, deducendo vizi relativi alla regolare costituzione o alla approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta, ha l'onere di provare la carenza dei quorum stabiliti dall'art. 1136 c.c., non configurando l’eventuale mancanza di una regolare apposita tabella ragione di automatica invalidità delle deliberazioni adottate e dovendo, piuttosto, il giudice comunque accertare, seppur “a posteriori”, se le necessarie maggioranze fossero state, o meno, raggiunte.
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