Con ordinanza n. 35253 del 18 dicembre 2023, la prima sezione
civile della Corte di Cassazione ha affermato che costituisce principio
consolidato che in tema di affidamento dei figli minori, la scelta
dell'affidamento ad uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all'interesse
prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla
verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma
anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione
sull'affidamento avrà nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (ex
multis Cass. civ. 6 luglio 2022, n. 21425 e Cass. civ. 9 febbraio 2023, n. 4056).
Le limitazioni all’esercizio della responsabilità genitoriale
si pongono come deroghe alla regola generale della pariteticità dei compiti
parentali e quindi devono essere giustificate da una ragione forte e
specificamente individuata. Il figlio, salvi i casi nei quali sia accertato un
suo interesse di segno contrario, di regola fa riferimento ad entrambe le
figure genitoriali, investite congiuntamente nei suoi confronti della
responsabilità.
Costituisce inoltre principio consolidato, anche nella
giurisprudenza della Corte EDU, che deve essere tutelata la relazione
familiare, ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, tenendo conto che
l’interesse del minore comprende tanto l’interesse a mantenere regolari
rapporti con entrambi i genitori, quanto l’interesse a crescere in un ambiente
sano, stabile e affidabile (sound enviroment).
La Corte di Strasburgo ha più volte rimarcato che – salvo casi eccezionali in cui i genitori siano inadeguati – è interesse dei figli mantenere rapporti con i propri genitori, che sussiste il diritto alla frequentazione tra il minore e il genitore non coabitante e che, in conseguenza di ciò, occorre che lo Stato predisponga strumenti idonei per promuovere l'esercizio del diritto di visita anche nel caso di rifiuto, da parte del figlio minorenne, di incontrare il genitore; nonché per garantire il rispetto del diritto del genitore e del figlio non coabitante alla reciproca frequentazione, e che a tal fine le misure devono essere rapide ed effettive e non stereotipate ed automatiche ed il giudice deve esercitare un adeguato controllo sull’operato dei servizio sociali; ha affermato inoltre che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di pervenire a tale risultato (CEDU: Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, 26 maggio 2009, Grande Camera, 6/7/2010, Neulinger e Shuruk contro Svizzera; Lombardo c. Italia 29/1/2013; Piazzi c. Italia, 2/11/2010; Santilli c. Italia, 7 dicembre 2013).
Inoltre, il diritto del figlio a intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori dopo la scissione della coppia genitoriale, nella Carta europea dei diritti fondamentali, è espressamente declinato come applicazione del principio del miglior interesse del minore, come dimostra la sua espressa previsione nel comma 3 dell’art. 24, immediatamente successivo al comma 2 ove si ripete il principio stabilito dall’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (art. 24, comma 3: “Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse”. Nello stesso senso dispone peraltro l’art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 laddove enuncia che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.
Nel caso di specie, la Corte di merito, tramite l'accertamento condotto dai servizi sociali, ha rilevato che gli ostacoli al mantenimento della relazione familiare tra padre e figlia sono legati anche a questioni di natura pratica, dovute alla distanza tra le abitazioni in due città diverse, al fatto che il padre svolge un lavoro che prevede turni di reperibilità e a problematiche di tipo economico; a fronte di ciò ha rilevato anche che la minore desidera riallacciare e mantenere i rapporti con il padre, ma richiede affidabilità e serietà di intenti. Era quindi compito del giudice di merito e dei servizi sociali, una volta rilevati alcuni ostacoli materiali che si frapponevano ad un adeguato mantenimento della relazione familiare del padre con la figlia, attivarsi per rimuovere tali ostacoli, mentre non risulta che siano state adottate misure adeguate perché il servizio sociale si è limitato ad organizzare incontri senza tenere in conto delle difficoltà logistiche ed economiche espresse dal padre. Ugualmente sul veramente delle misure di sostegno morale, poiché non risulta che sia stato offerto al padre e alla figlia un adeguato e mirato supporto psicologico – propedeutico al ripristino degli incontri – a fronte di pregresse vicende familiari idonee a generare sofferenza.
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