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La revocazione del testamento in caso di successiva sopravvenienza di un altro figlio

Autore: Valerio de Gioia
Data: 05 Ottobre 2023

Con ordinanza n. 28043 del 5 ottobre 2023, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha dato continuità al principio affermato da Cass. n. 18893/2017 secondo cui il testamento redatto dal "de cuius" che, al momento della sua predisposizione, già avesse figli, dei quali fosse nota l'esistenza, non è soggetto a revocazione per il caso di successiva sopravvenienza di un altro figlio, ex art. 687 c.c., attesa la natura eccezionale - e, dunque, non suscettibile di applicazione analogica o estensiva - di tale disposizione, che contempla la diversa ipotesi in cui il testamento sia stato predisposto da chi non aveva o ignorava di aver figli o discendenti. Tale precedente, dopo aver richiamato il dibattito dottrinale, circa il fondamento soggettivo o oggettivo della previsione, ha reputato preferibile optare per la seconda soluzione che ancora il rimedio alla modificazione in sé della situazione familiare in relazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni. A tale conclusione è pervenuta nell'ottica prevalente della tutela dei figli, non senza osservare che la stessa non si pone in irresolubile contrasto con il diverso approccio volontaristico che è invece alla base dell'esegesi della previsione di cui all'art. 803 c.c., deponendo in tal senso anche le differenze evidentemente esistenti tra le due norme (come testimoniato dal fatto dal fatto che la revocazione della donazione è rimessa ad un'iniziativa del donante ovvero dei suoi eredi, ed è assoggettata ad un breve termine di decadenza, palesandosi in tal modo come la perdita di efficacia della donazione sia ricollegata ad una specifica iniziativa individuale ed al fatto che il ripensamento del donante debba intervenire in un lasso di tempo contenuto, laddove a contrario la fattispecie in materia di testamento opera di diritto, ed anche laddove il de cuius abbia potuto fruire di un termine, anche ampio, per procedere alla revoca del precedente testamento ed ad una eventuale nuova manifestazione di volontà). La tesi cd. oggettiva trova poi il supporto anche del dato letterale che non consente di ampliare l'ambito di applicazione della norma al caso in oggetto. Inoltre, l'ancorare in chiave oggettiva la revocazione ad una modificazione della situazione familiare, sia pure nella prospettiva di assicurare una tutela della posizione dei figli, impone di affermare che la modificazione debba essere tale da creare un quadro oggettivo radicalmente mutato rispetto a quello presentatosi al testatore alla data di redazione del testamento, e che appaia quindi connotato dalla sopravvenienza di figli, di cui si ignorava l'esistenza. Ciò che vuol dirsi è che non ogni mutamento della composizione del quadro familiare, quale la nascita di figli ulteriori può portare alla revocazione, ma solo quello che denoti, con la necessità anche di un richiamo alla ipotetica volontà del de cuius, legata alla preponderanza dell'affetto nei confronti dei figli, non ancora provato alla data cui risale il testamento, una situazione affatto diversa, e che possa appunto giustificare la revocazione. Inoltre, ed a favore sempre della lettura rigorosa della previsione di cui all'art. 687 c.c., sono stati rimarcati alcuni inconvenienti che la più attenta dottrina ha avuto modo di segnalare in relazione all'ipotesi in cui invece si optasse per la revocazione anche in caso di sopravvenienza di figli ulteriori. In tal senso si pensi al caso in cui il testatore abbia deciso di non istituire il figlio a lui noto, preferendo altri soggetti ovvero che al contrario, abbia deciso di istituirlo, in tutto il suo patrimonio o anche solo in parte dello stesso.

Nel primo caso, il figlio noto, in assenza di figli sopravvenuti, potrebbe tutelare le sue ragioni solo avvalendosi dell'azione di riduzione, mentre, qualora vengano scoperti altri figli, o ne sopravvengano, e si ammettesse l'estensione dell'art. 687 c.c., verrebbe alla successione legittima, contro, però, la volontà (reale) del testatore. Nel secondo caso, sempre ammessa l'estensione analogica dell'art. 687 c.c., anziché essere soggetto all'azione di riduzione, nuovamente il figlio noto, scoperti o sopravvenuti altri figli, verrebbe alla successione legittima, ancora una volta contro la volontà (reale) del testatore. Si è acutamente sottolineato che, anche a voler ravvisare la ratio della norma in esame nella tutela di interessi familiari, il «bilanciamento» fra questi ultimi interessi e la volontà (reale) del testatore è stato compiuto nel momento in cui sono state scritte le norme sulla successione necessaria, le quali impongono di dover reagire nel caso di lesione avverso l'atto che esprima la volontà (reale) del testatore, senza quindi poter beneficiare (al di fuori dell'ipotesi di cui all'art. 549 c.c.) di una caducazione automatica delle previsioni lesive dei diritti dei legittimari. La «prevaricazione» della volontà (reale) del testatore, in vista della tutela di interessi familiari può considerarsi giustificata, solo se funzionale alla tutela dei figli ignoti al tempo del testamento o sopravvenuti, come peraltro confortato dalla previsione di cui al terzo comma della norma in esame, ma non anche laddove il testatore si sia determinato a dettare le proprie volontà in presenza di figli a lui noti, essendo quindi esclusa la parificazione della fattispecie qui esaminata a quella invece puntualmente descritta dal legislatore. 

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