Con sentenza n.
22375 del 25 luglio 2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato
che la tematica relativa alla validità ed efficacia delle clausole volte a
superare situazioni di stallo societario, che rischiano di compromettere
l’impresa economica e determinare la liquidazione della società per
impossibilità del raggiungimento del suo scopo, emerge, come spesso avviene con
riferimento a clausole negoziali e contratti di natura atipica, nell’esperienza
nordamericana, da lì diffondendosi nei paesi di civil law, fino ad entrare nella
prassi applicativa del nostro ordinamento.
Il tema, sotto
un profilo più generale, non è nuovo ed è stato indagato dalla più autorevole
dottrina sotto l’espressione “contratto alieno”, cioè quel contratto pensato e
scritto sulla base di un modello diverso dal diritto italiano, derivante dalla
common law anglosassone, contenente clausole redatte secondo le drafting
techniques anglo-sassoni, per le quali occorre indagare la loro compatibilità
con i principi fondanti del nostro ordinamento.
Tale fenomeno può definirsi espressione della forza espansiva nel nostro ordinamento di modelli giuridici sperimentati nella prassi degli affari internazionali e utilizzati da primarie società multinazionali, che finiscono per indurre paesi di diversa civiltà giuridica ad assorbirne il contenuto nel proprio ordinamento, che, se da un lato consente di evitare un possibile isolamento giuridico e la conseguente perdita di competitività dell’ordinamento interno, dall’altro sollevano evidenti problemi di coordinamento con la diversa struttura giuridica dell’ordinamento di destinazione. Se tale problematica è stata tradizionalmente affrontata rispetto a taluni contratti atipici, come il contratto autonomo di garanzia (si pensi al settore degli appalti internazionali ed alle figure dell’advance payment bond o del performance bond), per talune figure negoziali si è addirittura assistito alla loro tipizzazione da parte del legislatore nazionale, come nei casi del factoring (su cui la L. n. 52 del 21 febbraio 1991) o più recentemente del leasing (oggetto dell’intervento di cui all’art. 1, comma 136 e ss. della L. n. 124 del 4 agosto 2017). Ma è nel settore della circolazione delle partecipazioni societarie (sale and purchase agreement) o degli accordi societari partecipativi (joint venture agreement) che il tema si pone nella sua attualità. Vengono in rilievo particolare quelle clausole di buy-sell provision, che sono rivolte a evitare o superare, senza giungere alla liquidazione della società, possibili situazioni di impasse che rischiano di bloccare l’intrapresa economica, o comunque creare una situazione di immobilismo che potrebbe portare persino allo scioglimento della società, che è tanto più probabile nei casi in cui il capitale sociale sia ripartito fra due soci con partecipazione paritaria o nel perseguimento di singoli affari attraverso società veicolo o joint venture paritarie. Si parla per la precisione di paralisi decisionale e/o gestoria sotto due diverse accezioni: a) stalemate, quando in relazione a una disputa decisionale, la possibilità di stallo è per così dire “creata” dalle stesse parti, che a esempio hanno adottato particolari regole convenzionali che in talune condizioni possono portare all’inazione (si pensi ad un potere di veto convenzionale rispetto a determinati affari o decisioni o alla necessità di unanimità per talune determinazioni); b) deadlock, quando la situazione di blocco è destinata a realizzarsi in relazione a una situazione di fatto, che può dipendere dalla stessa concentrazione paritaria delle partecipazioni in capo a due diversi enti societari. Di fronte a tali evenienze, può essere di interesse dei soci introdurre, per via statutaria, o più semplicemente attraverso la sottoscrizione di patti parasociali, appositi meccanismi di soluzione delle possibili condizioni di stallo fra i quali rientra anche la pattuizione di una russian roulette clause, a volte in letteratura indicata come texas shoot-out clause (tradotta con l’espressione immaginifica clausola del cow boy) che trova un’elaborazione cospicua in ambito dottrinale, anche comparatistico, e nella stessa prassi degli ordini professionali notarili. Nella sua schematizzazione più semplice, la clausola russian roulette prevede che, al verificarsi di una situazione di deadlock non altrimenti risolvibile, a uno o entrambi dei soci paciscenti è attribuita la facoltà di rivolgere all’altro socio un’offerta di acquisto della propria partecipazione, contenente il prezzo che si è disposti a pagare per l’acquisto della stessa. Il socio destinatario dell’offerta non è, tuttavia, in una posizione di mera soggezione di fronte a tale iniziativa, ma risulta titolare di un’alternativa che può liberamente percorrere: a) può, infatti, accettare l’offerta, e quindi vendere la propria partecipazione al prezzo indicato dalla controparte; b) può, invece, “ribaltare” completamente l’iniziativa e farsi acquirente della partecipazione del socio offerente, per il prezzo che quest’ultimo aveva indicato. Quando la possibilità di “azionare” la clausola è assegnata ad uno solo dei soci si parla di clausola asimmetrica, mentre nel caso in cui tale facoltà spetti a entrambi i soci, la clausola è detta simmetrica. Va notato che, in quest’ultima ipotesi, molto spesso la clausola delinea una vera e propria procedimentalizzazione del meccanismo di formulazione dell’offerta, con ciò intendendosi l’individuazione di un meccanismo di priorità (ad es. cronologica) volta a stabilire quale dei due soci offerenti debba prevalere sull’altro e a evitare, quindi, che lo stesso ricorso alla clausola possa generare una situazione di stallo che, invece, la pattuizione intende risolvere. Un sottotipo di clausola simmetrica è quella che attribuisce ad uno dei partner il diritto di ricorrere alla clausola al verificarsi del blocco (c.d. trigger event) entro un certo termine, decorso il quale l’iniziativa passa all’altro socio. Elemento caratteristico della russian roulette clause è la fissità del prezzo dell’offerta, mentre la variante Texas shoot out clause consente rilanci. La clausola prevede nella prassi nordamericana, sia pure con minore diffusione, anche una variante per così dire “inversa” detta Sale shoot out nella quale, di fronte alla paralisi societaria, a un socio è attribuito il potere di “gettare la spugna”, cioè di indicare un prezzo al quale è disposto a vendere la propria partecipazione all’altro socio che, se non ritiene di accettare tale “proposta”, diviene a sua volta obbligato a cedere la propria partecipazione al medesimo prezzo, ma diminuito di una percentuale contrattualmente prestabilita. Questa clausola conosce, altresì, una variante in cui la determinazione del prezzo è affidata a un soggetto esterno alle parti in modo da individuare un “fair value per share”, mentre a uno dei soci si attribuisce il potere di acquistare la partecipazione dell’altro con un pre-agreed discount, oppure di vendere la propria partecipazione con il medesimo aumento percentuale (pre agreed premium).
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