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I principî di veridicità e correttezza nella redazione del bilancio

Autore: Pierre de Gioia Carabellese
Data: 15 Marzo 2023

Con ordinanza n. 7433 del 15 marzo 2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha ribadito importanti principi in tema di redazione del bilancio e della deliberazione che lo approva.

In primo luogo, le regole sulla redazione del bilancio, pur tratte sovente dai principî contabili, sono norme giuridiche cogenti, le quali hanno un contenuto di discrezionalità tecnica, ma solo nel senso che ciò dipende dalla loro derivazione storica e che, in talune evenienze, la norma giuridica ad essa fa rinvio: per ciò stesso, tuttavia, rendendo giuridico il criterio tecnico richiamato e, in ogni caso, sempre sindacabili le scelte operate, che non sono riconducibili all’àmbito proprio di scelte insindacabili di gestione; dai redattori del bilancio si esige di individuare il modo più aderente ai principî di correttezza, verità e chiarezza, per fornire la rappresentazione contabile dell’elemento considerato, nel rispetto delle regole poste dal legislatore, onde l’informazione di bilancio deve soddisfare la “correttezza giuridica” dell’informazione resa, perché l’esercizio della discrezionalità tecnica sia conforme alle norme dell’ordinamento giuridico (Cass. civ. 12 maggio 2022, n. 15087).

Ogni scelta di redazione di bilancio, anche laddove essa abbia un più intenso contenuto di discrezionalità, deve comunque rispondere al limite dato dal rispetto della clausola generale della chiarezza dell’informazione contabile (Cass. civ. 6 ottobre 2020, n. 21494). Infatti, nell’àmbito dei precetti di cui agli artt. 2423 ss. c.c., il principio di chiarezza riveste un ruolo autonomo, atteso che, secondo il comma 2 della disposizione, il bilancio «deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società»: e, infatti, come da tempo la Corte ha precisato, la funzione del bilancio non è soltanto quella di misurare gli utili e le perdite dell’impresa al termine dell’esercizio, ma anche quella di fornire ai soci ed al mercato tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto al riguardo di prescrivere, enunciando l’art. 2423 c.c. il «principio di chiarezza», onde, in relazione a quel parametro normativo, il principio deve trovare una realizzazione effettiva e non ricevere una risposta di mera apparenza; se la poca chiarezza o la scorrettezza del bilancio non permette al socio di avere tutte le informazioni, peraltro destinate ovviamente a riflettersi anche sul valore della singola quota di partecipazione, che il bilancio dovrebbe offrirgli, egli ha l’azione di nullità, onde la relativa declaratoria comporterà la conseguente necessaria elaborazione di un nuovo bilancio, emendato dai vizi del precedente, cui il socio impugnante legittimamente aspira; insomma, il bilancio di esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, comma 2, c.c., è illecito, sicché la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato è nulla non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati, ivi compresa la relazione, non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte (Cass. civ., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27; ma già Cass. civ. 3 settembre 1996, n. 8048; Cass. civ. 8 agosto 1997, n. 7398; in séguito, cfr. Cass. civ. 24 dicembre 2004, n. 23976; Cass. civ. 2 marzo 2016, n. 4120; Cass. civ. 23 febbraio 2012, n. 2758; Cass. civ. 7 marzo 2006, n. 4874; Cass. civ. 24 dicembre 2004, n. 23976; Cass. civ. 29 aprile 2004, n. 8204; Cass. civ. 4 aprile 2001, n. 4937; Cass. civ. 11 dicembre 2000, n. 15592).

La domanda volta a far dichiarare la nullità della deliberazione assembleare con cui è stato approvato il bilancio d’esercizio di una società di capitali, non redatto secondo i precetti inderogabili di legge, si fonda sul disposto dell’art. 2379 c.c., nella parte in cui siffatta norma prevede appunto la nullità delle deliberazioni assembleari aventi un oggetto illecito: tale domanda necessariamente muove infatti dall’assunto che il bilancio redatto in difformità dai surriferiti precetti sia illecito, onde del pari illecito debba considerarsi l’oggetto dell’anzidetta deliberazione assembleare approvativa. Da ciò discende che i vizi sulla cui eventuale esistenza il giudice è chiamato a pronunciarsi sono riferiti al contenuto del bilancio, perché è questo che forma oggetto della deliberazione assembleare ed è perciò suscettibile di essere considerato lecito o illecito (Cass. civ. 9 maggio 2008, n. 11554, in motiv.; Cass. civ. 22 gennaio 2003, n. 928).

Se, come si è detto, rileva anche l’eventuale violazione delle norme dettate al fine di garantire il necessario grado di chiarezza alle poste di bilancio, in considerazione della funzione informativa che ad esso compete, è stato altresì precisato che, proprio per tale ragione, possono talvolta assumere importanza anche i chiarimenti richiesti e forniti nel corso della seduta assembleare che precede l’approvazione del bilancio medesimo: non perché quei chiarimenti divengano, a loro volta, parte del documento di bilancio ed essi stessi oggetto della successiva deliberazione di approvazione, bensì in quanto possono essere in concreto idonei a fugare le incertezze. Ove ciò si verifichi, l’originario difetto di chiarezza del bilancio risulta neutralizzato, non solo per il socio richiedente ma anche per gli altri soci e per i terzi, proprio perché la pubblicazione del bilancio nel registro delle imprese riguarda anche il verbale assembleare ex art. 2435 c.c. (Cass. civ. 9 maggio 2008, n. 11554; Cass. civ. 11 marzo 1993, n. 2959). Ma, si noti, il rispetto del requisito della chiarezza, riguardante il contenuto informativo del bilancio, non varrebbe comunque a sanare il difetto ulteriore, ove esistente, dei requisiti di correttezza e veridicità del bilancio che attengono al risultato economico (Cass. civ. 24 luglio 2007, n. 16388). 

In definitiva, occorre riaffermare che i principî di veridicità e correttezza si riflettono di regola sul risultato del bilancio, laddove quello di chiarezza impone di fornire le spiegazioni necessarie alla comprensione della realtà patrimoniale, economica e finanziaria della società: ma, nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, essendo dotato di autonoma valenza cogente.

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