Con sentenza n.
5522 del 19 ottobre 2023-8 febbraio 2024, la prima sezione penale della Corte
di Cassazione ha osservato che la concessione della detenzione domiciliare, il
differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica
ai sensi dell'art. 147 c.p. e il differimento obbligatorio ai sensi dell'art.
146 dello stesso codice sono istituti che si fondano sul principio
costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza
distinzione di condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le
pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su
quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell'individuo
(art. 32 Cost.).
Quindi, a
fronte di una richiesta di differimento dell'esecuzione della pena per ragioni
di salute o di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, il giudice
deve valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e
rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno
dell'istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se
esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un
trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata
del trattamento e dell'età del detenuto, a loro volta soggette ad un'analisi
comparativa con la pericolosità sociale del condannato, e della possibilità che
un eventuale (anche residuo) rischio di recidiva sia adeguatamente
fronteggiabile con la detenzione domiciliare cosiddetta umanitaria, considerate
le limitazioni e le restrizioni ad essa apponibili.
Il giudice
deve, quindi, operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza
e indefettibilità della pena, nonché di prevenzione e di difesa sociale, da una
parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un'esecuzione penale
rispettosa dei criteri di umanità, dall'altra, al fine di individuare la situazione
cui dare la prevalenza; di tale valutazione deve dare conto con motivazione
compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale
ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.
La Suprema
Corte ha, inoltre, sottolineato che: ai fini dell'accoglimento di un'istanza di
differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi
di salute, ai sensi dell'art. 147, comma 1, n. 2, c.p., non è necessaria
un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma
occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un
serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate
cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze
aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di
umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario (Cass.
pen., sez. I, 17 maggio 2019, n. 27352).
Il giudice che, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti l'incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con il regime carcerario, ritenga di non accogliere l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute deve basarsi su dati tecnici concreti disponendo gli accertamenti medici necessari e, all'occorrenza, nominando un perito (Cass. pen., sez. I, 16 maggio 2019, n. 39798); la valutazione sull'incompatibilità tra il regime detentivo carcerario e le condizioni di salute del recluso comporta un giudizio non soltanto di astratta idoneità dei presidi sanitari posti a disposizione del detenuto all'interno del circuito penitenziario, ma anche di concreta adeguatezza del trattamento terapeutico, che, nella situazione specifica, è possibile assicurare al suddetto (Cass. pen., sez. I, 5 luglio 2011, n. 30945; in senso conforme Cass. pen., sez. I, 17 ottobre 2018, n. 53166).
Il tribunale di sorveglianza, ove ritenga che il rinvio dell'esecuzione della pena invocato per motivi di salute non possa essere concesso, sul presupposto che è possibile praticare utilmente le cure necessarie in ambiente carcerario fornito di centro clinico specializzato, deve indicare, nel provvedimento di rigetto, con precisione e non genericamente, la struttura penitenziaria in cui la pena deve essere espiata (Cass. pen., sez. I, 18 settembre 2015, n. 41192).
LIBRO
Codice penale e di procedura penale e leggi complementari - vigente
Luigi Alibrandi, Piermaria Corso
CORSO VIDEO REGISTRATO
VIDEOREGISTRAZIONE L’IMPATTO DELLE RIFORME NORDIO SUI REATI E SUL PROCESSO PENALE
Valerio de Gioia, Giuseppe Molfese