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La valutazione del carattere abusivo di clausole contenute in contratti stipulati con i consumatori

Autore: Emma Coppola
Data: 11 Aprile 2024

Con sentenza relativa alla causa C-173/23 del 11 aprile 2024, la terza sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito l’interpretazione dell’art. 6 della Direttiva 93/13 del Consiglio del 5 aprile 1993, in un procedimento giudiziale vertente sulla presenza di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, è oramai pacifico che il sistema di tutela istituito dalla Direttiva 93/13 è fondato sull’idea di partenza che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative, sia il grado di informazione. Alla luce di tale situazione di inferiorità, l’art. 6, par. 1, della Direttiva in esame prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, idoneo a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime. Il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale e a cercare di ovviare allo squilibrio sussistente tra il consumatore e il professionista, laddove disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

Inoltre, la Direttiva 93/13 impone agli Stati membri di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

Se è vero che la Corte ha già inquadrato in più occasioni il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla Direttiva in parola, ciò non toglie che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere abusivo di una clausola contrattuale; esse rientrano, pertanto, nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, a condizione che non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività).

In primo luogo, per quanto riguarda il principio di equivalenza, spetta al giudice nazionale verificare il rispetto di tale principio, tenuto conto dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali dei ricorsi di cui concretamente si tratta (v. sentenza 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C-869/19). A tal proposito, la Corte ha stabilito che l’art. 6, par. 1, della Direttiva 93/13 dev’essere considerato come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico. Ne consegue che laddove, in forza del diritto interno, il giudice nazionale disponga della facoltà o dell’obbligo di valutare d’ufficio la contrarietà di una tale clausola alle norme nazionali di ordine pubblico, egli deve del pari disporre della facoltà o dell’obbligo di valutare d’ufficio la contrarietà di una siffatta clausola all’art. 6 della Direttiva 93/13, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.

In secondo luogo, per quanto riguarda il principio di effettività, la Corte ha dichiarato che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale: tra questi, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v. sentenze 14 dicembre 1995, Peterbroeck, C-312/93, e 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a., C-693/19 e C-831/19).

Nell’ipotesi in cui il giudice nazionale, dopo aver stabilito, sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone, o che gli sono stati comunicati in seguito alle misure istruttorie che ha adottato d’ufficio a tal fine, che una clausola rientra nell’ambito di applicazione della Direttiva 93/13, concluda, al termine di una valutazione cui ha proceduto d’ufficio, che la clausola in esame presenta un carattere abusivo, egli deve, di norma, informarne le parti della controversia e invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme processuali nazionali.

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