Con sentenza n.
28727 del 16 ottobre 2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha
affermato che, in tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui
all'art. 473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con
domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli
effetti civili del matrimonio.
Sotto il profilo sistematico, si può evidenziare che: a) il codice di rito prevede tra le disposizioni in generale (artt. 10, comma 2 e 104, comma 1, c.p.c.) il cumulo oggettivo di domande contro la stessa persona, sicché, anche se nelle domande di divorzio congiunto non esiste un attore e un convenuto non sembrano esservi ostacoli alla loro proponibilità in cumulo; b) nel caso delle domande congiunte di separazione e divorzio, si tratta, più precisamente, di un cumulo oggettivo di domande connesse in relazione alla causa petendi, in quanto tese a regolare, in successione, la crisi matrimoniale che i coniugi avvertono come irreversibile; c) l'art.473-bis.51 c.p.c. prevede ormai un procedimento uniforme sia per i ricorsi aventi ad oggetto le domande di separazione personale, sia per le domande di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e, nell'ordinamento processuale, in presenza di modelli processuali identici, risulta ancor più agevole immaginare (e disporre) il simultaneus processus (vedasi, in tema di riunione dei procedimenti, art. 40 c.p.c. e artt. 273 e 274 c.p.c.); d) la circostanza che la domanda congiunta di divorzio, cumulata con quella congiunta di separazione, diviene procedibile solo a determinate condizioni processuali, previste nel già citato art. 3, L. n. 898 del 1970, e che quindi non possa essere decisa prima del passaggio in giudicato della sentenza che omologa la separazione consensuale e prima del decorso dei sei mesi dall'udienza di comparizione in sede di separazione personale (dalla quale i coniugi sono ex lege autorizzati a vivere separatamente) non implica che essa non possa essere proposta in cumulo con la domanda congiunta di separazione; e) il passaggio dalla fase della decisione della domanda congiunta di separazione a quella della trattazione della domanda congiunta di divorzio trova poi disciplina nell'art. 279, comma 2, n. 5 c.p.c., in tema di sentenze definitive su domande (secondo cui il collegio pronuncia sentenza quando, valendosi delle facoltà di cui agli artt. 103, comma 2, e 104, comma 2, decide solo su alcune delle cause riunite sino a quel momento, disponendo, con distinti provvedimenti, l’ulteriore istruzione o separazione).
In merito alla contro-indicazione rappresentata dalla circostanza che, nei procedimenti congiunti, le parti disporrebbero contemporaneamente di entrambi gli status (conseguenti alla separazione e al divorzio) e dei consequenziali diritti, cosicché, ove si ammettesse, in difetto di previsione normativa esplicita in tal senso e di una puntuale indicazione da parte della legge delega (che non contiene alcuna disposizione che manifesti una siffatta intenzione del legislatore), la possibilità di cumulo di domande di separazione e divorzio nei procedimenti congiunti, «si opererebbe in deroga al principio di indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale», ribadito dai giudici di legittimità anche di recente (Cass. civ. 20745/2022), occorre rilevare quanto segue. Anzitutto, sia nei procedimenti contenziosi, di separazione e divorzio, che in quelli congiunti, le parti propongono le proprie domande all'organo giudiziario e formulano le relative conclusioni e quindi non dispongono anticipatamente degli status.
La Suprema Corte, in tema di divorzio a domanda congiunta, ha già affermato (Cass. civ. 6664/1998; Cass. civ. 19540/2018) che l'accordo «riveste natura meramente ricognitiva e non negoziale, con riferimento ai presupposti necessari per Io scioglimento del vincolo coniugale, essendo soggetto alla verifica del tribunale che, in materia, ha pieni poteri decisionali» e non configura una ipotesi in senso stretto di «divorzio consensuale», analogo alla separazione consensuale (ove la pronuncia del Tribunale è unicamente rivolta ad attribuire efficacia dall'esterno all'accordo tra i coniugi, qualificabile come un negozio giuridico di natura familiare), poiché il giudice non è condizionato al consenso dei coniugi, ma deve verificare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia, di natura costitutiva, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, mentre ha valore negoziale per quanto per quanto concerne i figli e i rapporti economici, consentendo al tribunale di intervenire su tali accordi soltanto nel caso in cui essi risultino, quanto ai rapporti patrimoniali, contrari a norme inderogabili (secondo orientamento giurisprudenziale) e/o (alla luce del dettato normativo) all'interesse dei figli.
WEBINAR
PACCHETTO ESERCITAZIONI TUTTE LE MATERIE - CONFRONTO INDIVIDUALE CON I PROFESSORI
Alberto Marcheselli, Giuliana Passero, Massimo Scuffi