Con sentenza n. 9935 del 6-12 marzo 2025, la prima sezione penale della Corte di Cassazione, intervenendo in tema di reato continuato, ha ricordato che l'unicità del disegno criminoso presuppone l'anticipata ed unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 16066). Il giudice dell'esecuzione, nel valutare l'unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Cass. pen., sez. I, 13 novembre 2015, n. 37555). L'esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l'unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l'identica natura dei reati, l'analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Cass. pen., sez. V, 6 luglio 2015, n. 1766), tenendo presente che la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo che caratterizza il reato continuato, costituito dalla unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi (Cass. pen., sez. II, 22 ottobre 2010, n. 40123). Le Sezioni Unite hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Cass. pen., sez. un., 18 maggio 2017, n. 28659). La prova dell’unicità del disegno criminoso – ritenuta meritevole di un più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l'inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve dunque essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere, indici che, tuttavia, hanno un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo: l'accertamento, pur offìcioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni; esso è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti (Cass. civ., sez. I, 21 dicembre 2022, n. 5043). Ancora di recente, la Suprema Corte ha ribadito che l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati, e che, al contempo, neppure può ridursi all'ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacché siffatta definizione di dettaglio non sarebbe conforme al dettato normativo, che parla soltanto di «disegno», e porrebbe l'istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro possibile prevedibilità solo in via approssimativa: occorre, dunque, che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, una programmazione che può essere anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di adattamento alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo, prefissato e sufficientemente specifico (Cass. pen., sez. I, 23 febbraio 2022, n. 24202). Nell'ambito della valutazione possono assumere rilievo anche i periodi di detenzione subiti, considerato che la pena detentiva, nel nostro sistema ordinamentale, è funzionale alla rieducazione ed al reinserimento del condannato nel tessuto sociale, che dovrebbe implicare la rescissione dei legami del condannato con ogni ambiente criminale; si è, tuttavia, in plurime occasioni statuito che il sopravvenuto stato detentivo non può determinare la necessaria e automatica cancellazione del programma criminoso (così come non comporta la necessaria e automatica cessazione della partecipazione ad un’associazione per delinquere: cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 ottobre 2021, n. 1162), così che «in tema di applicazione della disciplina del reato continuato nella fase esecutiva, la detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale, subita dal condannato tra i reati separatamente giudicati, non è di per sé idonea ad escludere l'identità del disegno criminoso e non esime, pertanto, il giudice dalla verifica in concreto di quegli elementi (quali, nella specie, con riferimento a fatti di piccolo spaccio in strada, l'identità delle violazioni, la medesimezza del contesto spaziale e delle modalità operative, la limitata durata della privazione della libertà personale ed il breve intervallo temporale tra le condotte) in grado di rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni» (Cass. pen., sez. I, 5 aprile 2019, n. 37832). Si è, infine, statuito che l’unicità del disegno criminoso tra il reato associativo ed i diversi reati fine è configurabile solo quando questi ultimi – oltre a rientrare nell’ambito dell’attività del sodalizio criminoso e oltre ad essere finalizzati al suo rafforzamento – siano stati programmati, almeno a grandi linee, al momento dell'ingresso nell'associazione stessa (Cass. pen., sez. I, 9 novembre 2017, n. 1534; cfr. anche Cass. pen., sez. I, 28 aprile 2023, n. 39858, in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso).
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Codice penale e di procedura penale e leggi complementari - vigente
Luigi Alibrandi, Piermaria Corso
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Valerio de Gioia, Raffaele Magliaro