Con sentenza n.
22375 del 25 luglio 2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha
affermato che la clausola “russian roulette” viene, di solito, inserita
all’interno dei patti parasociali che vincolano due gruppi diversi di soci.
È noto che con
l’espressione patto parasociale si intende quell’accordo contrattuale che
intercorre fra più soggetti (di norma due o più soci, ma anche tra soci e
terzi), finalizzato a regolamentare il comportamento futuro che dovrà essere
osservato durante la vita della società o, comunque, in occasione
dell’esercizio di taluni diritti derivanti dalle partecipazioni detenute. Il
patto parasociale trova, quindi, il proprio elemento qualificante nella
distinzione rispetto al contratto di società e allo statuto della medesima, in
quanto realizza una convenzione con cui i soci attuano un regolamento
complementare a quello sancito nell’atto costitutivo e poi nello statuto della
società, al fine di tutelare più proficuamente i propri interessi. La validità
di queste pattuizioni può dirsi in linea di principio assodata ed emerge, in
modo ormai diretto, anche dalla previsione normativa dell’art. 2341-bis c.c.,
introdotto dalla Riforma del diritto societario del 2003, che prevede che non
possano avere una durata superiore a 5 anni – salvo rinnovo - quei patti che
“al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: a)
hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o
nelle società che le controllano; b) pongono limiti al trasferimento delle
relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano; c) hanno
per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante
su tali società”. Una previsione che implica il riconoscimento da parte del
legislatore nazionale della meritevolezza e della tutelabilità dei patti
parasociali, da ritenere dunque sempre validi, purché non si pongano in
contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento in materia societaria.
Si vedano le considerazioni svolte da Cass. civ., sez. I, sent. n. 36092 del 2021
in tema di patti di sindacato, sez. 1, ord. n. 27227 del 2021, in tema di
opzioni put e call, e sez. 1, sent. n. 12956 del 2016 in tema di prelazione di
acquisto di quote sociali, nel cui ambito rientrano le buy-sell previsions, fra
le quali, per quanto qui rileva, proprio la clausola russian roulette.
È certamente
possibile che anche la clausola di russian roulette possa dare luogo ad abusi e
che pertanto il suo esercizio soggiaccia all’applicazione dei principi generali
di correttezza e buona fede.
La dottrina e la giurisprudenza nordamericana hanno evidenziato, da un lato, l’esigenza di discovery da parte del socio che fa ricorso alla clausola, in modo che chi riceve la notifica di deadlock e l’indicazione del prezzo offerto abbia gli elementi conoscitivi per poter decidere consapevolmente se vendere od acquistare la partecipazione e, come, allo stesso tempo, una particolare attenzione debba essere riservata ai casi in cui vi sia una forte divergenza economico-finanziaria fra le parti, a evitare che un soggetto possa abusare della clausola per espellere l’altro partner anche di fronte a una situazione di stallo non effettiva o unilateralmente imposta, dando luogo a quella che è chiamata lack of choice (ossia la perdita di quel potere di scelta in capo all’oblato che fonda sul piano strutturale l’equilibrio della clausola rendendo incerto al dichiarante quale sarà l’esito del meccanismo da lui stesso azionato).
Ove tali condotte fossero in concreto ravvisabili, in dottrina si è ipotizzato che l’oblato possa fruire di tutela risarcitoria per i danni che abbia subito dalla estromissione iniqua dalla società e che lo stesso possa anche impedire il meccanismo attivato dall’altro socio attraverso l’opposizione dell’exceptio doli generalis, con la quale paralizzare, anche in via cautelare, l’altrui attivazione della clausola di russian roulette. Si è, poi, osservato che se la situazione di “stallo” fosse artatamente creata dal soggetto intenzionato a esercitare in mala fede la buy/sell provision, il rimedio potrebbe anche consistere nell’annullamento della delibera negativa oppure, secondo altra prospettazione, nella stessa rideterminazione giudiziale dell’esito della votazione. Un’ulteriore possibilità di tutela ipotizzata è rappresentata, poi, secondo diversa opzione interpretativa, dalla sanzione dell’inefficacia dell’atto realizzato attraverso l’abuso (così, nella fattispecie ipotizzata, nell’inefficacia dell’atto traslativo della partecipazione societaria), considerando tale opzione come più tutelante rispetto a quella puramente risarcitoria.
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