Con sentenza n.
1363 del 12 febbraio 2024, la terza sezione del Consiglio di Stato ha richiamato
le principali coordinate dettate dalla giurisprudenza amministrativa in materia
di responsabilità risarcitoria della p.a.
In proposito, va ricordato il principio a mente del quale l’illegittimità del provvedimento amministrativo, ove acclarata, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere vincolato della statuizione amministrativa, l’ambito più o meno ampio della discrezionalità dell’amministrazione; con specifico riferimento all'elemento psicologico la colpa della pubblica amministrazione viene individuata nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero in negligenza, omissioni o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione (cfr. ad es. Cons. Stato , sez. III, 4 marzo 2019, n. 1500). In materia, infatti, il diritto al risarcimento del danno presuppone una condotta non iure che abbia determinato, nel patrimonio del danneggiato, la lesione di una situazione soggettiva meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico; nello specifico ambito della responsabilità civile della pubblica amministrazione per atto o comportamento amministrativo illegittimo, la responsabilità risarcitoria postula, più specificamente, una spendita viziata del potere che, esorbitando dallo schema sostanziale e procedimentale delineato dalla legge attributiva, abbia leso almeno colposamente un interesse legittimo del privato, vulnerandone la sfera giuridica (cfr. ad es. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2018, n. 6819). Nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell'agire illegittimo della pubblica amministrazione; ed infatti per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell'art. 2043 c.c. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico. In termini conseguenti, deve essere esclusa la riconoscibilità del risarcimento del danno, nel caso in cui l'annullamento di un provvedimento amministrativo venga disposto per vizi formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, non essendo in tal caso effettuato alcun accertamento sulla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento oggetto di impugnazione (cfr. ad es. Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 2023, n. 449). È stato altresì ribadito che l’illegittimità del provvedimento amministrativo, anche laddove acclarata con l’annullamento giurisdizionale, costituisce solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere più o meno vincolato (quindi, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità) della statuizione amministrativa. Invece, l'elemento psicologico della colpa della P.A. va individuato nella violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ossia in negligenze, omissioni d'attività o errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili in ragione dell'interesse protetto di colui che ha un contatto qualificato con la P.A. stessa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 settembre 2020, n. 5409; cfr. altresì Cons. Stato sez. IV, 4 febbraio 2020, n. 909). In proposito, ai fini del giudizio risarcitorio a carico dei soggetti pubblici, il (necessario) requisito della colpa (c.d. d’apparato) deve essere individuato nella accertata violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero nella negligenza, nelle omissioni o negli errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione; viceversa, la responsabilità deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (cfr. ad es. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2020, n. 601). In termini di presupposti, perché sia configurabile la responsabilità della Pubblica amministrazione da provvedimento illegittimo sono necessari: a) l'elemento oggettivo; b) l'elemento soggettivo; c) il nesso di causalità materiale o strutturale; d) il danno ingiusto, inteso come lesione della posizione di interesse legittimo correlata ad un bene della vita (che in caso di interesse pretensivo presuppone un giudizio prognostico favorevole sulla relativa spettanza) e, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritto soggettivo. Sul piano delle conseguenze e, dunque, delle modalità di determinazione del danno, il fatto lesivo, così come sopra individuato, deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi subiti dalla parte danneggiata (cfr. ad es. Cons. Stato, 29 gennaio 2020, n. 732).