News

Il provvedimento di informativa antimafia si colloca nella prospettiva della prevenzione anticipatoria della difesa della legalità

Autore: Valerio de Gioia
Data: 14 Febbraio 2024

Con sentenza n. 1482 del 14 febbraio 2024, la terza sezione del Consiglio di Stato ha ribadito che il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa è disciplinato dagli stessi principi che regolano l'interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743). Conseguentemente, le disposizioni attinenti all'iscrizione nella cd. white list, formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le relative misure antimafia (comunicazioni ed informazioni), talché, come chiarisce l'art. 1, comma 52-bis, della L. n. 190 del 2012,"'iscrizione nell'elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia”. È, infatti, estranea al sistema, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio, poiché simile logica, propria del giudizio penale, vanificherebbe la finalità anticipatoria dell'informazione antimafia e degli atti conseguenti, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante. I fatti che l'autorità amministrativa deve valorizzare sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che le associazioni mafiose, in molteplici, cangianti e sempre nuovi modi, possono esercitare sull'impresa (Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2018, n. 1408). Ai fini dell’adozione di provvedimenti in materia di codice antimafia, l’autorità prefettizia può dare rilievo ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa, e familiari che risultino soggetti permeabili all’influenza della criminalità organizzata, laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, da tentativi di infiltrazione (Cons. Stato, sez. III, 13 gennaio 2021, n. 412). Lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, D.L.vo n. 159 del 2011 – ha riconosciuto quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori. D’altro canto, il legislatore, nell’ancorare l’emissione del provvedimento interdittivo antimafia all’esistenza di “tentativi” di infiltrazione mafiosa, ha fatto ricorso, come ha precisato ancora la giurisprudenza, ad una “clausola generale aperta”, che, tuttavia, non costituisce una “norma in bianco” né una delega all’arbitrio dell’autorità amministrativa imprevedibile per il cittadino, e insindacabile per il giudice, anche quando il Prefetto non fondi la propria valutazione su elementi “tipizzati” (quelli dell’art. 84, comma 4, lett. a), b), c) ed f), D.L.vo n. 159 del 2011), ma su elementi riscontrati in concreto di volta in volta con gli accertamenti disposti, poiché il pericolo di infiltrazione mafiosa costituisce, sì il fondamento, ma anche il limite del potere prefettizio e, quindi, demarca, per usare le parole della Corte europea, anche la portata della sua discrezionalità, da intendersi qui non nel senso, tradizionale e ampio, di ponderazione comparativa di un interesse pubblico primario rispetto ad altri interessi, ma in quello, più moderno e specifico, di equilibrato apprezzamento del rischio infiltrativo in chiave di prevenzione secondo corretti canoni di inferenza logica. In tale direzione la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. Stato, sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343). Ciò che connota la regola probatoria del “più probabile che non” non è un diverso procedimento logico, ma la (minore) forza dimostrativa dell’inferenza logica, sicché, in definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico, «ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale» (Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483).  Nella prospettiva della prevenzione anticipatoria della difesa della legalità si colloca, dunque, il provvedimento di informativa antimafia al quale, infatti, è riconosciuta dalla giurisprudenza natura “cautelare e preventiva” (Cons. Stato, Ad. Plen., 6 aprile 2018, n. 3), comportando un giudizio prognostico circa probabili sbocchi illegali della infiltrazione mafiosa. a Corte costituzionale ha, quindi, fatto riferimento alle situazioni indiziarie, che sviluppano e completano le indicazioni legislative, costruendo un sistema di tassatività sostanziale, individuate da questa Sezione. Tra queste: i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale; le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa; i rapporti di parentela o di coniugio, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”; le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa; la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”.

Approfondimenti

LIBRO

Codice amministrativo - pocket

Francesco Bartolini


ABBONAMENTO

NJUS

Valerio de Gioia


Approfondisci i tuoi argomenti preferiti

5% di Sconto
LIBRO
Penale
Processo Penale
Pubblicato il 28.03.2024
Luigi Alibrandi, Piermaria Corso
Disponibile anche in formato ebook
€ 42,75€ 45,00
Nuovo
LIBRO
Concorso magistratura
Tributario e Processo
Prevendita Disponibile dal 09.05.2024
Niccolò D’Andrea, Silvio D’Andrea, Alberto Marcheselli, Mauro Tortorelli, Massimo Scuffi
€ 141,55€ 149,00
Nuovo
LIBRO
Processo Penale
Pubblicato il 15.04.2024
Disponibile anche in formato ebook
€ 38,00€ 40,00
Nuovo
LIBRO
Processo Penale
Pubblicato il 15.04.2024
Disponibile anche in formato ebook
€ 42,75€ 45,00
Scopri le categorie più ricercate dai tuoi colleghi

Non perderti le novità!

Eventi

Estratti

News

Promozioni