Con sentenza n.
43061 del 19 settembre-20 ottobre 2023, la seconda sezione penale della Corte
di Cassazione ha affermato che nell'ordinamento processuale vigente, l'unico
mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è
costituito dall'art. 75 c.p.p., il quale esaurisce ogni possibile ipotesi di
sospensione del giudizio civile per pregiudizialità, ponendosi come eccezione
al principio generale di autonomia, al quale s'ispirano i rapporti tra i due
processi, con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile
e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul
primo, e dell'obbligo del giudice civile di accertare autonomamente i fatti.
La sospensione
necessaria del giudizio civile è pertanto limitata all'ipotesi in cui l'azione
in sede civile sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel
processo penale, prevedendosi, nel caso inverso, la facoltà di trasferire
l'azione civile nel processo penale, il cui esercizio comporta la rinuncia
"ex lege" agli atti del giudizio civile, ovvero la prosecuzione
separata dei due giudizi (Cass. civ., sez. VI-3, 22 dicembre 2016, n. 26863).
È stato
autorevolmente osservato che la soluzione scelta dal legislatore penalizza
colui che dopo essersi inserito nel giudizio penale, esercita anche l'azione
civile poiché questo giudizio rimane sospeso e la costituzione nel giudizio
penale si intende revocata. Ed infatti è stato reiteratamente affermato dalla
Corte di legittimità che la revoca tacita della costituzione di parte civile,
di cui all'art. 82, comma 2, c.p.p., opera nel caso in cui l'azione
risarcitoria venga promossa "anche" davanti al giudice civile, da
parte del soggetto danneggiato, già costituito parte civile, e solo quando
sussista una compiuta coincidenza fra le due domande, trattandosi di
disposizione finalizzata ad escludere la non consentita duplicazione dei
giudizi (cfr., in questi termini: Cass. pen., sez. V, 16 febbraio 2018, n.
21672; Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2014, n. 3454; Cass. pen., sez. II, 16
dicembre 2009, n. 62), coincidenza che non si configura non solo laddove non vi
sia perfetta identità del petitum e della causa petendi, ma anche qualora non
vi sia piena corrispondenza tra i soggetti convenuti nelle due diverse sedi (Cass.
pen., sez. IV, 23 marzo 2007, n. 21588; Cass. pen., sez. IV, 28 maggio 2003, n.
35604).
È stato
precisato al riguardo che la previsione dell'art. 82, comma 2, c.p.p., secondo
cui la costituzione si intende revocata se la parte civile "promuove
l'azione davanti al giudice civile" non riguarda l'ipotesi in cui il
danneggiato dal reato, esercitata in sede penale l'azione civile ed ivi
ottenuto accoglimento della domanda risarcitoria per l'an", proponga poi
davanti al giudice civile domanda per il "quantum": in tale ipotesi,
infatti, non si ha doppio esercizio della stessa azione, ma esercizio di altra
azione fondata sulla prima, essendo irrilevante, ai fini della permanenza della
parte civile nel processo penale, che la statuizione adottata in sede penale
non sia ancora passata in giudicato, comportando ciò solo la conseguenza della
sospensione del giudizio civile (Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2007, n. 43374;
Cass. pen., sez. V, 24 gennaio 2017, n. 24869).
La revoca della
costituzione di parte civile, prevista per il caso in cui l'azione venga
promossa anche davanti al giudice civile, si verifica solo quando sussiste
coincidenza fra le due domande, ed è finalizzata ad escludere la duplicazione
dei giudizi (Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2014, n. 3454).
Quello che conta è l'oggetto specifico delle domande eventualmente avanzate dalla parte civile nel procedimento civile, in sé considerate. In sostanza, la questione va risolta verificando la fondatezza dell'allegazione, da parte del difensore di parte civile, della diversità del petitum "penale" nel confronto con le domande formulate dalla società nel separato procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo, che è stato sospeso dal giudice del lavoro in attesa del giudizio penale.
Nel caso di specie, sussistendo perfetta coincidenza tra le domande proposte in sede civile e la domanda di danni formulata nel giudizio penale, i giudici di merito non avrebbero potuto che prendere atto della duplicazione dei giudizi, che la norma dell'art. 82 c.p.p. è intesa ad escludere (cfr. Cass. pen., sez. II, 16 dicembre 2009, n. 62), dichiarando l'intervenuta revoca ope legis della parte civile. Ed infatti va osservato che il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale, impedendo al giudice penale di ulteriormente decidere sulle statuizioni civili di una sentenza relativa a un rapporto processuale ormai estinto (Cass. pen., sez. V, 10 luglio 2019, n. 38741).
LIBRO
Codice penale e di procedura penale e leggi complementari - vigente
Luigi Alibrandi, Piermaria Corso
CORSO VIDEO REGISTRATO
VIDEOREGISTRAZIONE L’IMPATTO DELLE RIFORME NORDIO SUI REATI E SUL PROCESSO PENALE
Valerio de Gioia, Giuseppe Molfese