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L’esecuzione della pena accessoria può avvenire in qualunque momento dalla formazione del giudicato, con il solo limite della sua eventuale incompatibilità con l'esecuzione della pena detentiva principale

Autore: Valerio de Gioia
Data: 06 Settembre 2023

Con sentenza n. 36870 del 4 luglio-6 settembre 2023, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha affrontato la questione della eseguibilità delle pene accessorie anteriormente alla avvenuta esecuzione della pena detentiva principale. 

La disciplina processuale dell'esecuzione delle pene accessorie rinviene la sua fonte unicamente nella previsione dell'art. 662 c.p.p., il quale indica le attività che il pubblico ministero deve compiere per l'esecuzione dì dette pene e che consistono nella trasmissione dell'estratto della sentenza che le ha irrogate e nella loro indicazione all'autorità di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, oppure ad altri soggetti interessati. Tale attività del p.m. costituisce un atto di impulso alla attuazione della pena accessoria ed è funzionale a consentire a quanti siano coinvolti nell'esecuzione - forze dell'ordine, pubbliche amministrazioni, enti privati interessati - di avere conoscenza del titolo esecutivo, del suo contenuto, delle prescrizioni inerenti alla pena ulteriore rispetto a quella principale (Cass. pen., sez. I, 6 luglio 2016, n. 33541). Con specifico riguardo all'esecuzione della pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, la Suprema Corte ha affermato che essa non decorre, in via automatica, dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ma si rende indispensabile l'atto di impulso del pubblico ministero, non potendo l'astensione dal compimento delle attività inibite essere rimessa alla sola iniziativa del condannato (Cass. pen., sez. I, 6 luglio 2016, n. 33541). Al contempo si è precisato che le pene accessorie, in quanto conseguono di diritto alla sentenza di condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell'art. 20 c.p., possono essere eseguite in qualsiasi momento dalla formazione del giudicato e, diversamente dalle pene principali, non sono soggette a prescrizione. L'autonomia dell'esecuzione delle pene accessorie rispetto alla pena principale è stata affermata anche dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali hanno precisato che «le stesse modalità esecutive delle pene accessorie delineate dall'art. 662 c.p.p. (nonché, per le pene accessorie vincolate non disposte in sede di cognizione, dall'art. 183 disp. att. c.p.p.) non rivelano profili di interferenza con l'esecuzione della pena principale» (Cass. pen., sez. un., 29 ottobre 2020, n. 3423). L'art. 51-quater Ord. pen. non disciplina affatto il rapporto cronologico tra esecuzione di pena principale e pena accessoria irrogate con lo stesso titolo. Tale disciplina si rinviene, piuttosto, nell'art. 139 c.p., il quale dispone che nel computo delle pene accessorie temporanee non si tiene conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva o è sottoposto a misura di sicurezza detentiva, né del tempo in cui egli si è sottratto volontariamente alla esecuzione della pena o della misura di sicurezza. In forza di tale previsione, l'espiazione di pena o di misura di sicurezza detentiva (ovvero la volontaria sottrazione da parte del condannato) non rilevano ai fini del calcolo della durata della pena accessoria temporanea, che verrà differita rispetto a quella principale, non appena la cessazione dell'esecuzione di quest'ultima lo consentirà. L'art. 139 c.p., in sostanza, regola il rapporto tra pena principale e pene accessorie con la stessa incompatibili, stabilendo che (solo) in tal caso l'esecuzione delle seconde deve essere differita. Ciò è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la pena accessoria temporanea, che sia incompatibile con la detenzione presso istituto penitenziario, deve essere eseguita soltanto dopo che sia stata scontata la pena principale detentiva, dipendendo la contestuale esecuzione dalla loro compatibilità (Cass. pen., sez. I, 9 marzo 2011, n. 13499; Cass. pen., sez. I, 6 luglio 2016, n. 33541; Cass. pen., sez. I, 6 ottobre 2021, n. 39004). Con specifico riferimento alla pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici, la Suprema Corte ha precisato che le limitazioni della libertà personale che caratterizzano l'esecuzione della pena detentiva in regime di restrizione carceraria sono di ostacolo all'effettivo esercizio di diritti elettorali, nonché di uffici e servizi pubblici, incarichi di tutela, curatela o amministrazione giudiziaria, sicché l'espiazione della reclusione (o dell'arresto) risultano incompatibili con la contemporanea sottoposizione alla pena accessoria di cui all'art. 28 c.p.. Ne discende in tal caso il necessario differimento dell'esecuzione di quest'ultima alla completa espiazione della pena principale detentiva (Cass. pen., sez. I, 6 ottobre 2021, n. 39004). Su tale quadro normativo non incide la previsione dell'art. 51-quater Ord. pen., il quale disciplina - in modo peraltro coerente con il richiamato art. 139 c.p. - la differente ipotesi in cui la pena detentiva principale sia sostituita con una misura alternativa alla detenzione. In tal caso, non rinvenendosi alcuna incompatibilità, le pene accessorie possono trovare esecuzione, salvo che il giudice non ne disponga la sospensione per salvaguardare esigenze di reinserimento sociale. Coerentemente, l'art. 47, comma 12, Ord. pen. prevede che l'esito positivo del periodo di affidamento in prova determina l'estinzione della pena detentiva e degli altri effetti penali, tra i quali rientrano, ai sensi dell'art. 20 c.p., le pene accessorie (Cass. pen., sez. I, 15 settembre 2020, n. 21106). Nell'ipotesi in cui la misura alternativa sia stata revocata, il comma 2 dell'art. 51-quater regola la sorte del periodo in cui la pena accessoria ha avuto esecuzione, disponendo che essa è sospesa, evidentemente sul presupposto della sopravvenuta incompatibilità della sua esecuzione con il ripristino della pena detentiva, e tuttavia il periodo già espiato viene computato ai fini della sua durata. Trattasi di previsione la quale - come rilevato dal Procuratore generale e chiarito nella Relazione illustrativa al D.L.vo n. 123 del 2018 che ha introdotto la richiamata disposizione - è finalizzata a salvaguardare la disciplina di carattere generale prevista dal codice penale sul rapporto tra pena principale e pene accessorie. Alla luce degli elementi richiamati, deve in conclusione affermarsi che non è rinvenibile nell'ordinamento un principio generale per il quale l'esecuzione delle pene accessorie è necessariamente differita ad un momento successivo all'esecuzione della pena principale, potendo essa avvenire in qualunque momento dalla formazione del giudicato, con il solo limite della sua eventuale incompatibilità con l'esecuzione della pena detentiva principale.

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