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Le conseguenze della mancata citazione del testimone la cui assunzione «condiziona» il rito abbreviato

Autore: Valerio de Gioia
Data: 09 Giugno 2023

Con sentenza n. 25136 del 7 marzo-9 giugno 2023, la seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha riaffermato, in via generale, che, dall'interpretazione letterale dell'art. 438, comma 5, c.p.p. si ricava univocamente che il vincolo di subordinazione insito nella domanda di ammissione del rito abbreviato "condizionato" «attiene all'ammissione della integrazione probatoria e non alla effettiva assunzione delle ulteriori acquisizioni probatorie. Di conseguenza il vincolo di subordinazione insito nella richiesta dell'imputato deve ritenersi utilmente assolto con l'instaurazione del rito e l'ammissione delle prove sollecitate dalla difesa; il relativo atto di impulso processuale non può essere influenzato dalle vicende correlate al distinto e successivo momento della effettiva assunzione della prova - che può essere influenzata da diversi fattori - e non può subire una retroattiva perdita di efficacia quando, per qualunque motivo, la prova non venga concretamente assunta» (Cass. pen., sez. un., 19 luglio 2012, n. 41461).

Occorre allora chiedersi quali siano le conseguenze della mancata citazione del testimone la cui assunzione "condiziona" il rito abbreviato. Ribadito che tale comportamento non può mai risolversi nella revoca della ammissione del rito abbreviato nella forma condizionata, è necessario verificare se la mancata citazione esprima, o meno, una consapevole rinuncia alla audizione (circostanza che, ove verificata non implica la revoca dell'abbreviato nella forma condizionata, ma legittima definizione del processo senza l'assunzione del teste rinunciato: Cass. pen., sez. II, 7 ottobre 2014, n. 43876).

Con riferimento al rito ordinario la Cassazione ha affermato, infatti, che la mancata citazione dei testimoni già ammessi comporta la decadenza della parte dalla prova, poiché il termine per la citazione è inserito in una sequenza procedimentale che non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti ed ha, pertanto, natura perentoria (Cass. pen., sez. IV, 13 ottobre 2020, n. 31541; Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2015, n. 2324).

Si tratta di orientamento non del tutto stabile considerato che si è anche affermato, valorizzando la funzione che le prove ammesse hanno per l'affidabilità del "giudizio", e non solo per la soddisfazione dell'interesse delle parti, che la mancata citazione del teste per l'udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest'ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un'udienza successiva comporti il ritardo della decisione (Cass. pen., sez. IV, 27 settembre 2017, n. 48303; Cass. pen., sez. II, 4 ottobre 2018, n. 21788).

Tali discontinuità interpretative hanno trovato una condivisibile composizione della giurisprudenza secondo cui la mancata citazione del teste per l'udienza non comporta l'"automatica decadenza" della parte richiedente dalla prova, ma consente al giudice di valutare se, per la superfluità della testimonianza o per il ritardo che comporterebbe per la decisione, debba dichiararsi la decadenza della parte dalla prova, ovvero sia necessario differire l'audizione del teste già ammesso ad un'udienza successiva (Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2020, n. 33163). Si tratta di un orientamento condivisibile in quanto le prove non sono solo funzionali a soddisfare gli interessi della parte processuale che le richiede, ma sono necessarie per la completezza ed affidabilità dell'accertamento processuale. Tale funzione "pubblica" delle prove è confermata dalla ampia diffusione dei poteri di integrazione istruttoria affidati al giudice (artt. 422, 441 comma 5, art. 507, art. 603 c.p.p.).

La funzionalità delle prove a garantire l'affidabilità e completezza dell'accertamento processuale è particolarmente evidente quando le stesse condizionano l'ammissione al rito abbreviato, dato che le stesse hanno già patito uno stringente vaglio di rilevanza, che ha condotto il giudice ad ammettere un rito "ibrido", solo in parte "allo stato degli atti".

La Suprema Corte ha, al termine, ribadito che la mancata citazione di un testimone non produce l'automatica decadenza della parte dal diritto alla sua audizione, ma genera in capo al giudice che procede un onere di verifica circa la sua rilevanza per l'accertamento in corso, valutazione che, nel caso del giudizio abbreviato, è, invero, già stata effettuata all'atto della ammissione del rito "condizionato" proprio dalla audizione del testimone non citato.

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