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Le differenze tra responsabilità precontrattuale e da provvedimento illegittimo

Autore: Valerio de Gioia
Data: 19 Giugno 2023

Con sentenza n. 5989 del 19 giugno 2023, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha affermato che, in via generale, la responsabilità precontrattuale è prospettabile quando l'amministrazione agisce in violazione del canone della buona fede e commette, pertanto, una scorrettezza foriera di pregiudizio economico per l'impresa partecipante, che tuttavia non integra l'illegittimità di alcun atto della serie: o perché non è causata dall'adozione di un atto amministrativo (può essere il caso, ad esempio, del rifiuto di stipulare il contratto con l'aggiudicatario) o perché l'atto amministrativo che la integra non è illegittimo (è il caso, ed esempio, dell'annullamento d'ufficio legittimo della aggiudicazione). Parimenti sarà prospettabile la responsabilità precontrattuale se l'annullamento legittimo dell'aggiudicazione interviene dopo la stipula del contratto: può qui trovare applicazione lo schema dell'art. 1338 c.c. che costituisce una peculiare applicazione del principio del rispetto della buona fede nelle trattative prescritto dall'art. 1337 c.c. .

La responsabilità precontrattuale si differenzia da quella da provvedimento illegittimo. La responsabilità da mancata aggiudicazione entra in gioco se, per le circostanze del caso concreto, l'annullamento dell'atto illegittimo non può assicurare la tutela specifica dell'interesse del ricorrente, il che si verifica, ad esempio, quando all'annullamento dell'aggiudicazione non può far seguito l'inefficacia del contratto e l'aggiudicazione in favore del ricorrente o, quantomeno, la ripetizione della procedura (nei casi previsti dagli artt. 121-124 c.p.a). Viceversa la responsabilità propriamente precontrattuale, in quanto finalizzata alla riparazione di pregiudizi derivanti da attività illecita e tuttavia non illegittima, costituisce, al ricorrere delle relative condizioni, l'unico strumento di tutela a disposizione dell'impresa, attivabile malgrado il pregiudizio non trovi causa in un atto illegittimo, suscettibile di impugnazione o di annullamento, bensì in un atto legittimo o in un comportamento che neppure configura i caratteri propri dell'atto amministrativo. L'altra differenza di regime concerne la selezione dei danni risarcibili. Infatti, la responsabilità precontrattuale mira a ristorare il valore delle occasioni perdute per effetto della scorrettezza della controparte, mentre la responsabilità derivante da illegittimità dell'azione amministrativa è commisurata, al valore del bene della vita spettante e non attribuito, che in questo caso è il contratto.

Il presupposto di carattere concettuale della responsabilità precontrattuale risiede, pertanto, nella circostanza per cui la violazione della buona fede deve essere apprezzabile in modo autonomo rispetto alla legittimità dell'azione amministrativa, ovvero nel fatto che il pregiudizio subito dall'impresa non trovi causa in un atto illegittimo della serie. L'autonomia dell'illiceità rispetto alla illegittimità dell'azione amministrativa nelle procedure ad evidenza pubblica è argomentata dalla giurisprudenza con il ricorso alla distinzione, di matrice civilistica, tra regole di validità e regole di comportamento come la buona fede e la correttezza: assumendo vigenti nelle procedure di scelta del contraente le une come le altre, le regole di comportamento possono risultare violate anche quando quelle di validità siano state rispettate, nel qual caso l'attività amministrativa è legittima ma illecita e dunque fonte di responsabilità precontrattuale. La possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento» è stata in particolare affermata dalla decisione dell’ Adunanza Plenaria del 4 maggio 2018, n. 5, in cui si è significativamente affermato che la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici è una responsabilità “da comportamento illecito, che spesso non si traduce in provvedimenti illegittimi, ma, per molti versi, presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale”.

La distinzione, come è stato puntualmente rilevato in dottrina, riflette l'ambivalenza dell'azione amministrativa che si svolge nel procedimento: essa è per un verso funzione, cioè luogo di formazione progressiva della decisione (che culmina nell'esercizio, o nel non esercizio, del potere) e per altro verso, contemporaneamente, comportamento che si svolge all'interno di un rapporto col privato. Il fenomeno è ontologicamente unico, e come tale potrebbe anche essere qualificato, ma è il diritto a prenderlo in considerazione in modo duplice, sebbene tramite precetti in larga parte coincidenti. Le norme sull'azione amministrativa, quindi, sono ad un tempo di validità e di comportamento: due qualificazioni che rispecchiano i due differenti referenti oggettivi delle disposizioni stesse, rispettivamente il provvedimento e, appunto, il comportamento. Sul punto l'Adunanza Plenaria n. 20/2021 ha ulteriormente chiarito che in realtà la buona fede e la tutela del legittimo affidamento sono regole comuni ad ogni rapporto giuridico, come tali non ascrivibili né al diritto pubblico né al diritto privato, traendone conferma dalla prescrizione della buona fede nell'art. 1, L. n. 241/1990. L’assunto trova significativo riscontro sul piano del diritto positivo nella riforma dell'art. 1, L. n. 241/1990 che, nella sua attuale formulazione, al comma 2-bis prescrive “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”. A fronte del dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede possono pertanto sorgere aspettative, che per il privato istante si indirizzano all’utilità derivante dall’atto finale del procedimento, la cui frustrazione può essere per l’amministrazione fonte di responsabilità.

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