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Sussiste «violenza assistita» a prescindere dall'età del minorenne, purché gli episodi cui questi assiste siano tali da comportare il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico

Autore: Valerio de Gioia
Data: 23 Novembre 2023

Con sentenza n. 47121 del 5 ottobre-23 novembre 2023, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha ricordato che la Suprema Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante dei c.d. maltrattamenti assistiti, affermando esplicitamente che la tenera età dell'infante non consentisse a quest'ultimo di percepire li contesto ambientale e le condotte maltrattanti (così, Cass. pen., sez. VI, 10 maggio 2022, n. 21087), a prescindere, quindi, dal numero di comportamenti a cui il minore avesse assistito. Allo scopo di fugare equivoci interpretativi su una questione così delicata, la Suprema Corte ha ritenuto doveroso esplicitare che non ritiene condivisibile tale ultimo orientamento – il quale non costituisce espressione di una posizione consolidata (in senso espressamente contrario, tra le altre, Cass. pen., sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 55833) – dal momento che non trova giustificazione né nel dato letterale, né in quello teorico e di sistema, né, infine, nel dato empirico: aspetti, in verità, tra loro interrelati e di seguito distinti per sola comodità espositiva. Quanto al dato letterale, è sufficiente rilevare che, anche per dare attuazione all'art. 46, lett. d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (cd. Convenzione di Istanbul del 2011), la novella introdotta con la L. 19 luglio 2019, n. 69, ha positivizzato il precedente orientamento giurisprudenziale di legittimità. Il legislatore ha, quindi, calato l'ipotesi di "maltrattamenti assistiti" nel corpo dell'art. 572 c.p., introducendo un ultimo comma, a mente del quale «il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa del reato», ed innestando, anzi, nel corpo della fattispecie, un'ipotesi aggravata che dispone un consistente aumento di pena «se li fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore» (art. 572, comma 2, c.p.). Altro non ha aggiunto in ordine all'età del minorenne. Su un piano appena più approfondito, che è quello teorico e di sistema, richiedere la verifica sull'idoneità della condotta a produrre un danno psico-fisico nel minorenne significherebbe ri-descrivere quest'ultimo in chiave di pericolo concreto e imporre, quindi, un accertamento, di caso in caso, non richiesto dal tipo. Significherebbe, in definitiva, destrutturare la forma dell'offesa prescelta dal legislatore. Più esplicitamente, l'ipotesi di "maltrattamenti assistiti" è tipizzata in chiave di pericolo astratto, in quanto assume l'elevata probabilità di produzione del danno in ragione della semplice realizzazione della condotta tipica (i maltrattamenti) alla presenza del minorenne. Ciò basta ad integrare l'offesa e, dunque, la tipicità del reato, senza che, d'altronde, appaia necessario o anche soltanto opportuno proporre letture "correttive", volte a delimitare l'età del minorenne. Va infatti ricordato che, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, ai fini della c.d. offensività "in astratto" del reato (che la Consulta rivendica al suo proprio sindacato), è sufficiente «che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all'id quod plerumque accidit» (da ultima, sent. n. 139 del 2023, che richiama, a sua volta, sentt. n. 211 del 2022, n. 141 del 2019, n. 109 del 2016 e n. 225 del 2008; nello stesso senso, sentenza n. 278 del 2019). Ove tale condizione risulti soddisfatta – aggiunge la Corte costituzionale – il compito di uniformare la figura criminosa al principio di offensività nella concretezza applicativa (c.d. offensività "in concreto") resta affidato al giudice ordinario, nell'esercizio del suo potere interpretativo, allo scopo di evitare che l'area di operatività dell'incriminazione si espanda a condotte prive di un’apprezzabile potenzialità lesiva» (ancora sent. n. 139 del 2023, che richiama sent. Corte Cost. n. 225 del 2008). Ebbene – e si giunge in tal modo al terzo profilo accennato, che è quello empirico – nell'ipotesi di "maltrattamenti assistiti" non vi è ragione di dubitare dell'offensività "in astratto" della fattispecie. Infatti, non vi è motivo di dubitare del pericolo di danno indotto dalla visione di comportamenti violenti anche in bambini in età tenerissima, il cui sviluppo neurobiologico, nelle prime fasi, appare, anzi, particolarmente delicato e potrebbe, quindi, essere vieppiù compromesso, proprio per l'impossibilità/difficoltà, per il neonato e l'infante, di elaborare le immagini e gli stimoli cui sono passivamente sottoposti (né appare dotata di adeguato supporto l'affermazione, presente in una delle due sentenze di legittimità citate, che la "consapevolezza" si sviluppi soltanto a partire dalla seconda metà del primo anno di vita). A fronte di tale dato empirico, che – lo si ripete – fonda la conformità a Costituzione della presunzione a fondamento dei "maltrattamenti assistiti" sul piano dell'offensività "in astratto", e precisato che, ovviamente, gli effetti della compromissione del sano sviluppo psico-fisico del bambino possono emergere a distanza di anche molto tempo dal fatto, neppure si comprenderebbe, infine, come esperire quel giudizio sul pericolo in concreto sollecitato dal ricorrente, e cioè accertare l'idoneità offensiva della specifica condotta: vieppiù in casi come quello di specie, in cui il minorenne era di «tenerissima età». Altro discorso è quali siano i contenuti minimi, sul piano dell'offensività e quindi della tipicità, dei "maltrattamenti assistiti", che è poi la questione trattata, come detto, da Cass. pen., sez. VI, 23 febbraio 2018, n. 18833 cit., e, attraverso il richiamo a quest'ultima, da Cass. pen., sez. VI, 22 settembre 2020, n. 27901 cit., alla quale, dunque, si torna in conclusione del discorso. Tali pronunce, mediante il riferimento all'idoneità della condotta – "far assistere" il minorenne alle condotte realizzate nei confronti di altre persone –, hanno inteso sollecitare il suddetto riscontro sulla "offensività in concreto", da parte dei giudici di merito, sotto questo specifico profilo. Hanno, cioè, dato conto della necessità, prima di tutto logica e poi anche giuridica, che il minorenne, quale ne sia l'età, abbia presenziato ad un numero di episodi che, per la loro gravità (non dovendo, peraltro, necessariamente consistere nell'uso di violenza fisica) e per la loro ricorrenza nel tempo (abitualità), possano comprometterne il sano sviluppo psico-fisico, locuzione a proposito della quale è appena il caso di precisare che la distinzione tradizionale tra "corpo" e "mente" risulta superata dalle acquisizioni scientifiche. E hanno, per contro, escluso che li delitto sia configurabile quando, ad esempio, li minore assista ad un solo atto di maltrattamento verso terzi. Il principio di diritto espresso in tali pronunce può essere, dunque, più precisamente specificato nei termini seguenti: sussiste violenza assistita a prescindere dall'età del minorenne, purché il numero, la qualità e la ricorrenza degli episodi cui questi assiste siano tali da lasciare inferire il rischio della compromissione del suo normale sviluppo psico-fisico.

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