Con ordinanza
n. 28262 del 9 ottobre 2023, la seconda sezione civile della Corte di
Cassazione ha affermato che quando l’impugnazione di una delibera
dell'assemblea condominiale sia fondata, come nel caso in esame, sulla
deduzione di vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea o alla
adozione con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge, la tabella
millesimale assume un rilievo dirimente soltanto quando i condomini,
nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di
accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme
da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita sul
punto ad una convenzione di valore negoziale, la quale si risolve in un impegno
irrevocabile di determinare le quote in un certo modo; l’esistenza di tabelle
convenzionali, nel caso in esame, non risulta, tuttavia, né allegata né
dimostrata. Ove invece la tabella millesimale approvata dall’assemblea abbia
inteso unicamente determinare quantitativamente la portata dei rispettivi diritti
ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio sulla base dei criteri
legali, l’invalidità di una delibera per difetto dei quorum prescinde dalla
necessaria verifica del rispetto delle indicazioni tabellari. Ciò appunto
perché, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di
revisione delle stesse, non ha natura negoziale, ma rivela un valore puramente
dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici
un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti
dalla legge (o da un’eventuale convenzione) (arg. da Cass. civ., sez. un., n.
18477 del 2010).
Il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste, dunque, prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi, la cui esistenza ed il cui rispetto non costituiscono, perciò, requisito di validità delle delibere assembleari, essendo consentito sempre di valutare anche "a posteriori" in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell'assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona lo svolgimento dell'assemblea e, in genere, la gestione del condominio (così da ultimo Cass. civ. n. 3295 del 2023). Se poi il condomino voglia lamentare che le tabelle millesimali in uso sono erronee, deve agire per la revisione delle stesse a norma dell’art. 69 disp. att c.c., fermo restando che, secondo l'orientamento dei giudici di legittimità, la portata non retroattiva della pronuncia di revisione giudiziale non comporta l'invalidità di tutte le delibere approvate sulla base delle tabelle precedentemente in vigore (Cass. civ. n. 2635 del 2021; n. 6735 del 2020; n. 4844 del 2017; Cass. civ., sez. un. n. 16794 del 2007). Solitamente, le organizzazioni condominiali, per agevolare lo svolgimento delle rispettive assemblee (ovvero l’individuazione della composizione del collegio e delle maggioranze) e la ripartizione delle spese, si dotano, oltre che di una “tabella generale”, o “di proprietà”, che accerta in misura proporzionale il valore della proprietà di ciascun condomino (ad esempio, ai fini delle spese da suddividere ai sensi del primo comma dell’art. 1123 c.c.), anche di varie tabelle cosiddette “di gestione”, le quali attengono, ad esempio, alle scale e agli ascensori (art. 1124 c.c.), all’impianto di riscaldamento, al portierato, ovvero a cose destinate a servire i condomini in misura diversa o soltanto una parte dell’intero fabbricato, con riguardo alle quali, sempre per legge, vengono in rilievo altresì l’uso o l’utilità delle cose o degli impianti considerati.
Al termine, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: il condomino che impugna una deliberazione dell’assemblea, deducendo vizi relativi alla regolare costituzione o alla approvazione con maggioranza inferiore a quella prescritta, ha l’onere di provare la carenza dei quorum stabiliti dall’art. 1136 c.c., alla stregua del valore proporzionale delle unità immobiliari dei condomini intervenuti in rapporto al valore dell’intero edificio, senza che abbia rilievo in proposito l’esistenza di una “tabella di proprietà” e di eventuali “tabelle di gestione”, le quali hanno, di regola, valore puramente dichiarativo dei criteri di calcolo stabiliti dalla legge per determinati beni o impianti destinati a servire i condomini in misura diversa o soltanto una parte dell’intero fabbricato, e servono soltanto ad agevolare lo svolgimento delle assemblee e la ripartizione delle spese ad essi relativi.
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