Con ordinanza
n. 26697 del 18 settembre 2023, la prima sezione civile della Corte di
Cassazione ha ribadito che, nell’interesse superiore del minore, va assicurato
il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza
comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile
consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei
primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione (cfr. Cass. civ. n.
9691 del 2022; Cass. civ. n. 28723 del 2020; Cass. civ. n. 9764 del 2019; Cass.
civ. n. 18817 del 2015; Cass. civ. n. 11412 del 2014).
Tale
orientamento trova riscontro nella giurisprudenza della Corte Edu, che,
chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8
CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di
diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque
necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero
quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle
garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto
dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’art.
8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, onde scongiurare il rischio
di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei
genitori (cfr. Corte EDU, 4 maggio 2017, Improta c/Italia; Corte EDU, 23 marzo
2017, Endrizzi c/Italia; Corte EDU, 23 febbraio 2017, D’alconzo c/Italia; Corte
EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c/Italia; Corte EDU, 15 settembre 2016,
Giorgioni c/Italia; Corte EDU, 23 giugno 2016, Strumia c/Italia; Corte EDU, 28
aprile 2016, Cincimino c. Italia).
La Corte EDU,
di norma, e condivisibilmente, invita le autorità nazionali ad adottare tutte
le misure atte ad assicurare il mantenimento dei legami tra il genitore ed i
figli, affermando che “per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce
un elemento fondamentale della vita familiare” (cfr. Kutzner c. Germania, n.
46544/99, CEDU 2002) e che “le misure interne che lo impediscono costituiscono
una ingerenza nel diritto protetto dall’art. 8 della Convenzione” (cfr. K. E T.
c. Finlandia, n. 25702/94, CEDU 2001).
I giudici di
Strasburgo, inoltre, hanno precisato che, in un quadro di osservanza della
frequentazione tra genitore e figlio, gli obblighi positivi da adottarsi dalle
autorità degli Stati nazionali, per garantire effettività della vita privata o
familiare nei termini di cui all’art. 8 della Convenzione EDU, non si limitano
al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere
contatti con lui, ma includono l’insieme delle misure preparatorie che, non
automatiche e stereotipate, permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare
esigenza che le misure deputate a ravvicinare il genitore al figlio rispondano
a rapida attuazione, perché il trascorrere del tempo può avere delle
conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei
genitori che non vive con lui (cfr. Corte EDU, 29 gennaio 2013, Lombardo c.
Italia).
Il diritto alla bigenitorialità disciplinato dalle norme codicistiche è, anzitutto, un diritto del minore prima ancora dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare, in primis, il miglior interesse del minore: il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest’ultimo, e assume carattere recessivo se ciò non sia garantito nella fattispecie concreta (cfr. in motivazione, Cass. civ. n. 9691 del 2022). Tale principio, del resto, è stato già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha ritenuto che il regime legale dell'affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell'interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio, e che tuttavia nell'interesse di quest'ultimo il giudice può individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale, al fine di assicurare al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena (cfr. Cass. civ. n. 19323/2020; Cass. civ. n. 4790/2022).
Di fronte alle scelte insindacabili compiute dai genitori, i quali non perdono, per il solo fatto che intendono trasferire la propria residenza lontano da quella dell'altro coniuge, l'idoneità ad essere collocatari dei figli minori, il giudice ha esclusivamente il dovere di valutare se sia più funzionale al preminente interesse della prole il collocamento presso l'uno o l'altro dei genitori, per quanto ciò incida sulla quotidianità dei rapporti con il genitore non collocatario: conseguenza, questa, comunque ineluttabile, sia nel caso di collocamento presso il genitore che si trasferisce, sia nel caso di collocamento presso il genitore che resta (cfr. Cass. civ. n. 9633 del 2015; Cass. civ. n. 33615 del 2021; Cass. civ. 21054 del 2022).
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