Con ordinanza n. 10006 del 14 aprile
2023, la prima sezione civile della Corte di Cassazione è intervenuta sui
presupposti applicativi della c.d. protezione speciale.
L’istituto è stato introdotto dal D.L.
21 ottobre 2020, n. 130, convertito dalla L. n. 173 del 2020, che ha dettato
nuove disposizioni relative al divieto di respingimento del richiedente asilo
quando esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dello straniero
dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della
sua vita privata e familiare, prevedendo che «non sono altresì ammessi il
respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano
fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale
comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e
familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza
nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica. Ai fini della valutazione del
rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura
e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo
inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio
nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con
il suo Paese d'origine» (ai sensi dell’art. 32, comma 3, D.L.vo 25/08, «la
Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per il rilascio di un
permesso di soggiorno biennale che reca la dicitura "protezione
speciale”»).
Da rilevare che il comma 1 dell’art. 7, D.L.
20/2023 ha soppresso il terzo e quarto periodo del comma 1.1 dell’art. 19
T.U.I., ma, sulla base della disciplina transitoria dettata dal comma 2
dell’art. 7, per le istanze di protezione speciale presentate prima
dell’entrata in vigore della nuova normativa (11 marzo 2023) continua ad
applicarsi la disciplina previgente.
La Suprema Corte (Cass. civ. 36789/22)
ha chiarito che «in tema di protezione speciale, la seconda parte dell'art. 19,
comma 1.1, D.L.vo 286 del 1998, come modificato dal D.L. n. 130 del 2020,
convertito con L. n. 173 del 2020, attribuisce diretto rilievo all'integrazione
sociale e familiare del richiedente protezione in Italia, da valutare tenendo
conto della natura e dell'effettività dei suoi vincoli familiari, del suo
inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno e dell'esistenza
di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d'origine».
Sempre la Suprema Corte (Cass. civ. 8373/2022), con riguardo al nuovo strumento di tutela ha affermato, che «in tema di protezione speciale, con riferimento agli elementi da considerare per ritenere sussistente una violazione del diritto al rispetto della vita privata del richiedente, l'esiguità delle retribuzioni non costituisce un elemento dirimente al fine di escludere la sussistenza del diritto, atteso che la consistenza delle retribuzioni lavorative va apprezzata tenendo conto del graduale incremento delle stesse nel tempo, elemento che fornisce indicazioni utili in merito al consolidarsi del processo di integrazione in Italia». Si è poi osservato, quanto ai presupposti, che si tratta di una misura di protezione atipica legata al rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali e segnatamente della CEDU, che ha contorni parzialmente diversi dalla precedente protezione umanitaria, soprattutto per quanto attiene alla tutela della vita privata e familiare cui è stata attribuita rilevanza diretta e che quindi esula dal c.d. giudizio di comparazione, anche attenuato, che continua invece a caratterizzare (qualora le relative norme siano ratione temporis applicabili) la protezione umanitaria (Cass. civ. n. 18455/2022: «in tema di protezione internazionale "speciale", la seconda parte dell'art. 19, comma 1.1, D.L.vo n. 286 del 1998, come modificato dal D.L. n. 130 del 2020, convertito con L. n. 173 del 2020 – applicabile "ratione temporis" nel giudizio di legittimità avverso una decisione resa successivamente all'entrata in vigore della legge, quindi dal 22 ottobre 2020 – attribuisce diretto rilievo all'integrazione sociale e familiare in Italia del richiedente asilo, da valutare tenendo conto della natura e dell'effettività dei suoi vincoli familiari, del suo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno e dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d'origine, senza che occorra procedere ad un giudizio di comparazione con le condizioni esistenti in tale paese, neppure nelle forme della comparazione attenuata con proporzionalità inversa»; Cass. civ. n. 37275/2022).
Si tratta di una «modalità di valutazione con parametri vincolati, a rilevanza diretta, in cui acquistano particolare pregnanza alcune specificazioni: segnatamente la specificazione che si valuta non solo la natura ed effettività dei vincoli familiari, ma anche l'inserimento sociale – nozione questa più ampia della sola integrazione lavorativa – e che assume rilievo anche l'esistenza di legami familiari culturali o sociali con il paese d'origine» (Cass. civ. n. 8400/2023).
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