Con sentenza n. 23605 del 20 aprile 2022 (dep. 16 giugno 2022), la sesta sezione penale della Corte di Cassazione, intervenendo in tema di peculato ex art. 314 c.p., ha chiarito alcuni principi fondamentali in tema di gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei Consigli regionali ed alla ritenuta giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla responsabilità erariale del componente del gruppo, autore di "spese di rappresentanza" prive di giustificativi.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che: a) i contributi pubblici sono erogati ai gruppi consiliari con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge, dettagliatamente predefiniti con esplicito ed esclusivo asservimento a finalità istituzionali del Consiglio regionale e non a quelle delle associazioni partitiche o, tantomeno, alle esigenze personali di ciascun componente; b) il presidente del gruppo, nel suo ruolo, partecipa alle modalità progettuali ed attuative della funzione legislativa regionale, nonché alla procedura di controllo del vincolo di destinazione dei contributi erogati al gruppo.
La gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica in relazione alla funzione strumentale al funzionamento dell'organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell'origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo. Un denaro, quello attribuito ai gruppi, pubblico, gestito da pubblici ufficiali, funzionalmente vincolato nel senso indicato, perché il gruppo non è un'appendice del partito politico a cui appartiene il singolo consigliere.
Non sono spese legittimamente rimborsabili quelle prive di uno specifico collegamento con il gruppo, quelle cioè non imputabili a iniziative o attività facenti capo al gruppo, bensì giustificate in ragione dell'attività politica della sola persona del consigliere o della remunerazione dovuta ai propri collaboratori; quelle cioè non destinate all'accrescimento della capacità operativa del gruppo all'interno del Consiglio, ma connesse solo alla proiezione esterna del singolo consigliere o del partito di appartenenza, quali la cura del proprio consenso, l'incremento della personale visibilità, le relazioni personali sul territorio, con l'informazione e con gli elettori (Cass. pen., sez. VI, 23 marzo 2021, n. 16465).
L'eventuale esistenza di una pur diffusa prassi illegittima non esime i consiglieri dal corretto utilizzo delle risorse percepite, escludendo la rilevanza penale dell'illecita interversione del possesso del denaro (Cass. pen., sez. VI, 3 ottobre 1996, n. 10020). Nessuna valenza scriminante può infatti attribuirsi a un comportamento contra legem alla cui formazione lo stesso pubblico ufficiale abbia contribuito: grava, infatti, su chi è professionalmente inserito in un settore collegato alla materia disciplinata dalla norma integratrice del precetto penale, un dovere di diligenza "rafforzato" di informazione e di rispettare la legge ed i regolamenti che ne contemplano l'attività.
Là dove le risultanze pongano in esplicita evidenza la sostanziale inesistenza di una iniziativa del gruppo consiliare a sostegno della documentazione originaria o di quella successivamente offerta, non può non desumersene il significato sul piano probatorio dell'interversione del possesso e della condotta appropriativa, penalmente rilevante. Ad esempio, con riferimento alle c.d. "spese di rappresentanza" dei consiglieri regionali, si è affermato che rientrano in quelle legittimamente rimborsabili soltanto quelle che rivestono rilievo esterno per l'istituzione, perciò destinate a soddisfare un'esigenza funzionale del gruppo consiliare, strumentale all'operatività dell'assemblea regionale, e non un bisogno o un'esigenza personale, seppure lato sensu politica, del consigliere (Cass. pen., sez. VI, 15 novembre 2019, n. 11001). Attengono alla funzione di rappresentanza dell'ente quelle spese che, per consuetudine o per motivi di reciprocità, sono sostenute in occasione di rapporti di carattere ufficiale tra soggetti aventi veste rappresentativa del gruppo e soggetti esterni, appartenenti ad altri enti o rappresentativi della società civile, nonché le spese connesse ad eventi ed iniziative di carattere istituzionale, sempre che tali esborsi siano rivolti a beneficio di soggetti esterni all'ente e che ne sia data giustificazione causale, con indicazione dell'interesse perseguito, dell'occasione e del destinatario (Cass. pen., sez. VI, 23 marzo 2021, n. 16465). Sono legittime e rimborsabili solo quelle spese destinate - secondo le precisazioni definitorie della disciplina normativa e della giurisprudenza di legittimità - alla realizzazione di un fine istituzionale, per essere strumentali a soddisfare la funzione politica e rappresentativa all'esterno del gruppo di appartenenza del singolo consigliere da cui esse sono impiegate e perciò a riscontrare la concreta esistenza di un plausibile collegamento funzionale con il ruolo, i compiti e le finalità di natura pubblicistica facenti capo al gruppo, quale reale beneficiario.
LIBRO
Codice penale e di procedura penale e leggi complementari - vigente
Luigi Alibrandi, Piermaria Corso
WEBINAR
Enrico Mario Ambrosetti, Filippo Berto