Con sentenza del 7 gennaio 2025, relativa alla causa F.C. e
H.C. c. Portogallo, la quarta sezione della Corte EDU si è pronunciata sulla
legittimazione del genitore non affidatario ad agire in giudizio per conto del
figlio minorenne e sull’interpretazione dell’art. 8 della Convenzione per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali («Convenzione
EDU» o «CEDU») nei casi di sottrazione internazionale di minore.
Secondo la Corte, gli obblighi che l'art. 8 della
Convenzione EDU impone agli Stati contraenti in materia di ricongiungimento dei
genitori con i loro figli devono essere interpretati alla luce delle
prescrizioni della Convenzione dell'Aja sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale di minori del 25 ottobre 1980, posto che, in tutte le decisioni
riguardanti i bambini, il loro interesse superiore debba essere preminente.
La Convenzione dell’Aja, assieme al Regolamento (CE) n.
2201/2003, noto come «Bruxelles II bis», associa il superiore interesse del
minore al ripristino dello status quo mediante una decisione che ordina il
ritorno immediato del minore nel suo paese di residenza abituale in caso di
sottrazione illecita, tenendo tuttavia conto del fatto che il non ritorno può
talvolta risultare giustificato da ragioni oggettive che corrispondono di fatto
all'interesse superiore del minore. Ciò spiega l'esistenza di eccezioni, in
particolare in caso di grave rischio che il ritorno del minore sottratto
esponga il minore stesso a danni fisici o psicologici o che lo ponga in una
situazione intollerabile ai sensi dell'articolo 13, lettera b), della
Convenzione dell'Aja (si veda Sévère c. Austria, n. 53661/15, § 100, 21
settembre 2017, e i casi ivi citati).
Pertanto, la Corte ribadisce che l'art. 8 della Convenzione EDU impone alle autorità nazionali un obbligo procedurale particolare nella valutazione della domanda di ritorno di un minore: i giudici non devono solo considerare le affermazioni sostenibili di un "rischio grave" per il minore in caso di ritorno, ma devono anche pronunciarsi con motivazioni specifiche alla luce delle circostanze del caso. Le dichiarazioni di esecutività delle sentenze emesse da corti di altri Stati membri devono essere rese da tribunali nazionali, senza impedire a ciascuna delle parti, nel contesto del Regolamento «Bruxelles II bis» del 27 novembre 2003, di proporre opposizione contro la decisione (si vedano gli artt. 29, 31 e 33 del Regolamento «Bruxelles II bis»).
Per quanto concerne la legittimazione del genitore non affidatario ad agire in giudizio per conto del figlio minorenne, la Corte ha affermato che è in linea di principio il genitore avente diritto alla custodia ad essere il tutore degli interessi del figlio. Ciò nondimeno, la Corte ha accettato che alla luce dell’art. 8 della Convenzione EDU i minori possano rivolgersi alla Corte anche, o addirittura soprattutto, se rappresentati da un genitore in conflitto con le autorità e che abbia criticato le decisioni e la condotta di tali autorità in quanto ritenute non coerenti con i diritti garantiti dalla normativa europea e internazionale. In tali casi, essere un genitore naturale e avere la responsabilità genitoriale sul minore, pur non essendone affidatario, conferisce la legittimazione necessaria per rivolgersi alla Corte anche per conto del minore, al fine di proteggere gli interessi del figlio minorenne (si veda Iosub Caras c. Romania, n. 7198/04, § 21, 27 luglio 2006, e Roengkasettakorn Eriksson c. Svezia, n. 21574/16, § 61, 19 maggio 2022, con ulteriori riferimenti).
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